Artigiani del Trentino, il nuovo presidente è il clesiano Andrea De Zordo, Daniela Bertamini vice
Cambio della guardia all’Associazione che raccoglie 10mila aziende iscritte (il 60 per cento nella filiera dell'edilizia), 41 mestieri rappresentati, 30mila collaboratori
TRENTO. «Rimettere al centro del dibattito politico il mondo degli artigiani, che da solo vale circa il 15 per cento del Pil trentino». Parte da qui Andrea De Zordo a delineare quello che sarà il suo impegno per i prossimi 4 anni da presidente provinciale dell'Associazione.Ieri pomeriggio i 36 "grandi elettori" (i presidenti e i vicepresidenti territoriali e i delegati di zona) lo hanno incoronato da candidato unico nuovo rappresentante unitario della categoria: 10mila aziende iscritte (il 60 per cento nella filiera dell'edilizia), 41 mestieri rappresentati, 30mila collaboratori.
Titolare di un'impresa di impianti idraulici di Cles assieme al fratello, 50 anni da compiere, De Zordo come primo atto ha indicato Daniela Bertamini, da poco riconfermata presidente della sezione Alto Garda, nuova vicepresidente vicaria.
Una coppia completamente nuova dunque al vertice dell'associazione, dopo gli 8 anni a guida Marco Segatta. «Che - esordisce De Zordo - devo ringraziare per quanto ha fatto in questi anni. Anzi, intendo mantenere i valori positivi che lui ha portato dentro l'Associazione, implementandoli con nuove iniziative».
De Zordo, cosa l'ha portata alla scelta di candidarsi?
«Un gruppo di persone già un paio di anni fa mi aveva avvicinato con l'obiettivo di pensare ad un'evoluzione dell'associazione, partendo da quanto fatto da Segatta».
Quali allora gli obiettivi?
«Prima di tutto provare a svecchiare il mondo degli artigiani. Attualmente abbiamo una base sociale che viaggia attorno ai 50 anni, ma è necessario fin da adesso andare alla ricerca di giovani che abbiano voglia di mettersi in gioco, sia alle dipendenze che affiancandosi a persone esperte. La denatalità è un problema che paghiamo adesso e che sconteremo pesantemente nel futuro se non vi poniamo rimedio».
Bisogna dunque agire su scuola e manodopera.
«Sono due temi che vanno a braccetto. Abbiamo necessità di trovare giovani che si appassionino al mestiere. Ma per fare questo dobbiamo agire da un lato sulle famiglie, che è necessario cambino idea sul valore del lavoro artigiano, e dall'altra agire sulle scuole, professionali e non solo. Abbiamo bisogno che le scuole vengano riformate e ammodernate rispetto alle esigenze del mondo del lavoro attuale: ci si deve rendere conto che la tecnologia sta cambiando e quindi deve evolvere anche il livello di preparazione dei lavoratori: il nostro non è più mero lavoro fisico, ma sempre di più intellettuale. Noi non ci rivolgiamo più solo ai centri di formazione professionale, ma anche agli istituti superiori».
Lei ha nominato una donna come vicepresidente.
«Abbiamo necessità di implementare le quote rosa perché crediamo nel valore del lavoro femminile e del punto di vista diverso che portano le donne. Attualmente in associazione le donne sono meno del 15 per cento dei titolari, concentrate in pochi settori».
Alla politica cosa chiedete?
«Anzitutto c'è il nostro impegno a collocare l'artigianato al posto che gli spetta, ovvero al vertice del mondo economico per quanto riguarda la considerazione da parte della politica ma anche delle altre categorie per il ruolo storico che abbiamo sempre avuto. Alla politica chiediamo di tutelare le piccole aziende, ripensando la gestione dei cantieri in modo da garantire la ricaduta massima sul territorio».
Vale a dire?
«Cantieri piccoli, a misura delle nostre aziende ed evitando subappalti. Il rapporto con la politica è stato costruito da mio predecessore in maniera molto equilibrata: contiamo di proseguire sulla stessa linea».