Lettera di Carlo Papi: la tragedia di Andrea e le responsabilità
«Oggi, siete tutti molto bravi a dispensare utili consigli su come convivere con l'orso, come addentrarsi e come comportarsi nel bosco. Un po' meno ieri, prima della tragedia! Ci avete convinti, che non c'era alcun pericolo nel bosco...»
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Gentile direttore, con questa lettera vorrei rivolgermi direttamente allo zoologo dottor Filippo Zibordi.
Sono Carlo Papi, papà di Andrea, vittima della tragedia di Caldes, la quale oso definire ignobile, attesa ed annunciata, del 5 aprile 2023.
Ho letto con molta attenzione la sua intervista di alcuni giorni fa, concessa al quotidiano l’Adige.
Le sue affermazioni erano già state pubblicate a suo tempo da lei e da altri zoologi appena dopo la tragedia: in montagna, da soli, dobbiamo fare rumore perché l'orso avverta la nostra presenza e fugga, nulla di nuovo ritengo; queste affermazioni, le abbiamo sentite ormai troppe volte da quel 5 aprile scorso da voi zoologi del Parco, e non solo da voi.
Oggi, siete tutti molto bravi a dispensare utili consigli su come convivere con l'orso, come addentrarsi e come comportarsi nel bosco, regole guida nel caso in cui ci si trovi faccia a faccia con il plantigrado.
Siete tutti Professori e tutti «grandi saputelli»,oggi, solo oggi purtroppo. Un po' meno ieri, prima della tragedia!
Ci avete convinti, che non c'era alcun pericolo nel bosco, dicevate «andate sereni, l'orso non lo vedrete, ma lui vi vede sicuramente, vi fiuta e vi sente anche da lontano, fuggendo comunque sempre dall'uomo, stando sempre molto distante, perché ritenuto timido ed introverso».
Così non è andata a mio figlio Andrea, perciò aggiungo, che erano solamente semplici affermazioni da profani, come noi comuni residenti, e non teorie scientifiche, o Vangelo, come facevate credere alla brava gente che vi ha dato retta.
Quindi, oggi visto che siete tutti un pozzo di sapienza, vi chiedo:
perché questi consigli non sono stati dati a suo tempo ai cittadini che si addentravano nel bosco? Invece di persuadere le persone con grande sicurezza che si poteva convivere tranquillamente con l'orso, perché l'animale avrebbe cambiato strada quando avvertiva la sola presenza dell'uomo.
Oggi, dopo questa orrida tragedia, gli zoologi del Parco Adamello Brenta, padri del progetto Life Ursus, si vantano addirittura di aver reintrodotto l'orso sull'arco alpino, di un loro grande successo; invece dovrebbero mettersi una mano sul cuore, fare un attento esame di coscienza, sempre che una coscienza ce l'abbiano, e ammettere la grande sconfitta dopo la cruenta tragedia con la morte di Andrea, ucciso dilaniato da un'orsa, a soli 26 anni.
Dopo una attenta riflessione dovrebbero ammettere: cosa abbiamo costruito mettendo in atto questo folle, demenziale progetto?
Un grande insuccesso, un vero fallimento!
Sicuramente, se questa tragedia fosse accaduta nella loro famiglia, ad un loro figlio, avrebbero cambiato opinione in merito al loro «grande successo».
Quindi, per concludere, gentile dottor Zibordi, è facile e comodo mettersi in luce oggi, presentandosi con grande notorietà da star sui quotidiani, nelle TV, al pubblico trentino, mettendo in guardia dai pericoli che si potrebbero correre.
Ho ragione di credere, che questa informazione bisognerebbe farla arrivare con più voce, fuori dal Trentino, agli italiani di altre regioni i quali, credo non abbiano capito bene questa tragedia annunciata (o forse non gli è stata spiegata bene). Molti, infatti, hanno sentenziato: perché Andrea è salito lassù, cosa è andato a fare in quel posto? Doveva stare a casa, magari a poltrire tutto il giorno sul divano, attaccato al cellulare, meglio ancora al bar, a sbronzarsi per non aggiugere di peggio, almeno là non vi erano orsi.
Forse comprenderebbero meglio, che noi nelle valli, viviamo in piccoli villaggi ai margini del bosco, come e dove è successa la tragedia, e per quale motivo è accaduta. Si deve far comprendere agli italiani che Andrea era un ragazzo libero, che poteva passeggiare dove credeva e dove voleva, che non vi era alcuna restrizione con cartelli di pericolo e transenne di interdizione della zona, che tutti quanti, fino a quel giorno, inconsapevoli del pericolo, camminavamo sereni e ignari nel bosco.
Ribadisco ancora una volta per chi non conosce la nostra zona, dove viviamo. Quel giorno Andrea passeggiava sulla strada per Malga Grum, non era una zona chiusa o vietata al pubblico per pericolo; invece doveva essere chiusa da chi era addetto al controllo con JJ4 lasciata libera da incoscienti addetti alla nostra sicurezza. Andrea è stata la vittima di questa scellerata tragedia, causata da chi non gli ha dato alcuna sicurezza a casa sua.
Ripeto, fate una attenta riflessione voi del Parco sui fatti del 5 aprile 2023, ve lo chiedo prima da genitore, poi da comune cittadino; non sentite un certo peso, una certa responsabilità che vi grava per quanto accaduto ad Andrea?
Ricordate che il Parco Adamello Brenta è il primo responsabile di questa evitabile tragedia per aver reintrodotto gli orsi, oltretutto senza alcun consenso popolare!
Andrea, torno a ripetere, non era uno sprovveduto incosciente, ma un ragazzo che amava lo sport e la natura che lo circondava, passeggiando solamente per la grande passione che nutriva per la montagna, per i suoi boschi, lasciato ignaro, non tutelato in alcuna maniera dalla sicurezza che gli spettava da cittadino secondo la Costituzione Italiana, da chi di dovere doveva proteggerlo.
Insisto nell'affermare che dovevamo essere informati della presenza di JJ4 lassù, sopra il paese di Caldes, a meno di 700-800 metri di dislivello, e non su una vetta degli ottomila della catena dell'Himalaya.
Dicevo, non un'orsa comune, ma JJ4, un'orsa recidiva, nota a tutti per i diversi attacchi all’uomo negli ultimi tre anni, per la sua aggressività e pericolosità, lasciata a vagare libera con i cuccioli, pertanto da un Consiglio di Stato che giustizia non ha reso, ma che ha reso solo ingiustizia nell'ottobre del 2020, da chi invece doveva fermarla e recluderla già allora.
Errori imperdonabili di omertà, di chi sapeva, e di chi non ha informato la popolazione del grave pericolo che incombeva con l'orsa libera nei nostri boschi.
Andrea, ribadisco ancora una volta, lasciato solo, abbandonato, su quella strada forestale quel giorno, in balia dell’orsa, inconsapevole di quanto stava accadendo, verso la sua ultima salita.
Carlo Papi