Anziani / Welfare

Bilanci delle Rsa trentine: da quelle in deficit a quelle in attivo, i conti in tasca alle strutture per anziani

Più della metà chiudono in attivo senza bisogno del contributo provinciale; record negativo per la «Vannetti» di Rovereto, la più virtuosa la Romani di Nomi: il «segreto» ce lo spiega il direttore Dal Bosco

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Tutte le Apsp del Trentino hanno pubblicato i loro bilanci 2023. Oggi, alla luce dei risultati più o meno buoni delle diverse strutture, è possibile fare i conti su quanto la Provincia elargirà, come da accordi, per coprire almeno parzialmente, le perdite delle strutture che non hanno raggiunto il pareggio di bilancio.

Si parla di poco meno di 1 milione di euro, esattamente 930 mila euro, più della metà delle quali vanno a due grosse Apsp, la Civica di Trento e la Vannetti di Rovereto.

La Civica di Trento, secondo il bilancio 2023, chiude infatti a pareggio con un contributo provinciale di 292.343 mila euro, l'importo più elevato erogato dalla Provincia ad una Apsp sulla base del numero di posti letto disponibili.Rispetto ai dati pubblicati nei giorni scorsi all'appello per la città di Trento mancavano ancora la Apsp di Povo che chiude con un utile di 262.685,88 euro e il Beato de Tschiderer con un + 1.158,77 euro. Spostandoci nelle valli Pergine chiude con un + 259.195,24, euro, Predazzo va sotto di 228.264,25 euro con un contributo provinciale di circa 85 mila euro, Grigno ha un utile di 38.599,21 euro, Bleggio un utile di 4.371,62 euro, Brentonico un utile di 153.396,38, Vallarsa chiude in pareggio con un contributo provinciale di 7.934,37 euro.

Analizzando tutti i bilanci 2023 si scopre allora che più della metà delle strutture hanno chiuso in positivo senza aiuti provinciali. Un bel passo in avanti rispetto allo scorso anno. E questo indipendentemente dalle dimensioni e dalla dislocazione. Ci sono poi 11 strutture che hanno chiuso i bilanci in pareggio con aiuti più o meno consistenti da parte della Provincia. Si va da un massimo di quasi 300 mila euro della Civica ai 27 mila della Apsp di Pieve Tesino. L'accordo, prevedeva infatti un contributo basato sulla quota giornaliera, moltiplicata per l'inflazione del 5,4, per il numero di posti letto per 365 giorni. Nonostante questo quattro strutture sono andate comunque in perdita.

La Vannetti di Rovereto quella con il disavanzo più pesante. Ha chiuso "sotto" di 1 milione e 315.628 euro, solo parzialmente coperto dal contributo pubblico di 269.901. Sulla questione erano intervenuti anche i sindacati.

Da una parte la Fenalt che ha chiesto all'assessore Tonina di analizzare i numeri e valutare i motivi di tante differenze. Dall'altra la Cisl Fp che ha puntato invece il dito sulla condizione dei lavoratori. Infine la consigliera Pd Francesca Parolari ha presentato la mozione che prevede di legare le rette delle Rsa con Icef, tenendo quindi conto della condizione economica dell'ospite. Da una parte la Vannetti, che chiude con un debito di oltre un milione di euro. Dall'altra Nomi che fa un utile di 856 mila euro. Livio Dal Bosco è direttore di questa struttura e anche di Cavedine (+304.251).

Dottor Dal Bosco, come spiega queste differenze e soprattutto il vostro utile così consistente? «I nostri risultati sono ancora più ragguardevoli se rapportati alla quota retta alberghiera. I risultati di bilancio andrebbero incrociati anche con le rette. Nel 2023 la retta media ponderata era di 48.97 euro. Quella di Nomi era 46, 50, il che vuol dire 2,47 al giorno in meno. Se avessimo applicato quella media, sarebbero stati circa 160 mila euro in più di entrate.

Anche per Cavedine la retta è 47,70 euro, 1,27 in meno della media. Se avessi applicato quella avremmo avuto circa 35 mila euro in più di ricavi. Se prendiamo la retta più alta del 2023 che era quella della Civica di 52,50, il gap con Nomi è di 6 euro al giorno, che significa 380 mila euro in meno di ricavi».

Ma come si possono tenere le rette basse e avere un utile di bilancio? «Io posso dire come abbiamo fatto noi. Tre gli elementi fondamentali. Il primo è che le due Apsp, Nomi e Cavedine, sono consortilizzate, ossia condividono tutta una serie di servizi: la ristorazione, la manutenzione, tutti gli uffici che lavorano in cloud, la qualità, la formazione. Quindi è chiaro che si va ad ottenere una riduzione dei costi operativi complessivi con una diluizione dei costi fissi».

Secondo aspetto? «La gestione del personale e il contenimento dell'assenteismo. Noi viaggiamo su percentuali del 3-4%. Come facciamo? Portando avanti un modello di gestione che favorisce l'autonomia, il riconoscimento e lo sviluppo delle persone. Abbiamo messo in atto modelli di governo del personale molto avanzati e moderni che non sono più quelli delle linee comando-controllo. Ad esempio, abbiamo dato libertà sui turni ed elasticità di entrata e uscita. Questi sono i modelli più moderni e avanzati che vanno incontro alle attese del personale. Chiaro che se dobbiamo recuperare efficienza la dobbiamo recuperare anche lì. Adesso abbiamo impostato una nuova turnazione 3-2 e questo ha portato al successo. Altro aspetto importante è quello dell'investimento in tecnologie digitali»

Quanto si potrebbe "risparmiare" efficientando? «Abbiamo fatto delle proiezioni del sistema Apsp e siamo convinti che ci siano 15 milioni di euro possibili di efficientamento, circa il 6,5% dei costi. Soldi che potrebbero essere utilizzati per la retribuzione dei collaboratori, che si devono sentire protagonisti nel posto dove lavorano, e anche per la riduzione delle differenze di rette attualmente esistenti».

Ma di queste proiezioni e possibilità ne avete parlato con l'assessore Tonina? «Noi ci riserviamo di parlarne con l'assessore nei prossimi incontri che avremo. Sappiamo che verrà da noi e presenteremo anche questi risultati, spiegheremo la nostra esperienza in tema di efficientamento del sistema che passa dalla messa in comune di servizi, ma soprattutto dalla centralità del personalità. Quello del personale è il maggior costo e lì occorre puntare. Noi abbiamo circa 280 dipendenti. Se ne manca il 4% è una cosa, se ne manca il 12-13% come avviene in altre strutture occorre provvedere con sostituzioni e queste hanno un costo».

Le Apsp dei grossi centri come Trento e Rovereto dicono che il carico di lavoro è maggiore perché lì si concentra un maggior numero di casi difficili. È vero? «Io questa cosa non la vedo. Aspetto eventualmente i dati. Quello che vedo io è che tutte le persone che entrano oggi nelle Rsa sono tutte gravi perché sono tutte in cima alla graduatoria Uvm e le famiglie non aspettano la struttura sotto casa, ma nel momento del bisogno accettano il primo posto disponibile. Si devono portar avanti progetti di efficientamento anche per questo, per recuperare risorse da destinare eventualmente anche ad aumentare i posti letto».

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