Trento / Giustizia

Per la maxi truffa sulle mascherine offerto un mini risarcimento

La società trentina chiede tre milioni per il danno, i due intermediari a processo propongono 7 e 9 mila euro. Per le Ffp2 importate dalla Cina era stato versato un importo di 1,6 milioni. Le difese, chiedendo la messa alla prova, hanno evidenziato che gli imputati non hanno disponibilità economica: il giudice dispone verifiche patrimoiniali

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di Marica Vigano'

TRENTO. Per la truffa da un milione e 600 mila euro per le mascherine contro il Covid, i due imputati hanno avanzato una proposta di risarcimento di 9mila e di 7mila euro alla parte offesa, una srl trentina. Offerta a cui si è opposto l'avvocato Giuseppe Benanti, legale della società che si è costituita parte civile con la richiesta di 3 milioni di euro per il danno cagionato. Il giudice Massimo Rigon, dopo una lunga camera di consiglio, ha rinviato l'udienza al prossimo settembre incaricando la polizia giudiziaria di effettuare accertamenti sulle effettive disponibilità patrimoniali degli imputati.

Mascherine senza certificazione. In piena emergenza Covid, fra febbraio e maggio 2020, con la necessità di reperire mascherine del tipo Ffp2, un imprenditore trentino - amministratore e legale rappresentante di una srl con sede nelle Giudicarie - aveva preso contatti con due intermediari per una fornitura di 500mila mascherine importate dalla Cina.

In merito alla presenza della certificazione Ce sui dispositivi di protezione personale, il trentino era stato rassicurato: si trattava di mascherine conformi alla normativa europea. Ma al momento della consegna della merce l'amministratore della società si è accorto non solo che l'ordine non era completo e che erano arrivate solo 300mila mascherine delle 500 richieste, ma pure che il marchio di certificazione era contraffatto.

La denuncia per truffa. La società si era accorta del raggiro dopo aver già versato ai due intermediari l'importo pattuito, pari a 1 milione e 425mila euro per le mascherine, più 140mila euro per le spese di trasporto. L'accordo per il pagamento, tra l'altro, si era concluso accelerando sui tempi, sia per l'impellente richiesta sul mercato italiano dei dispositivi di protezione, sia per la l'aumento pressoché giornaliero dei prezzi delle Ffp2.

Le prime 300mila mascherine erano arrivate dopo pochi giorni, ma sono risultate non idonee ad essere vendute sul mercato europeo; le altre 200mila mascherine sono giunte in Italia in un secondo momento e si trovano tuttora ferme alla dogana, con ulteriori costi a carico della parte offesa.

È dunque partita la denuncia per truffa nei confronti dei due intermediari, un 38enne milanese e un 27enne residente a Terni, con la srl trentina che si è costituita parte civile con l'avvocato Giuseppe Benanti. I due intermediari a processo.Davanti al giudice Massimo Rigon, ieri mattina, era presente solo uno degli imputati, il 27enne, assieme al suo legale e all'avvocato che difende il socio.

Alla discussione sulla richiesta degli imputati della messa alla prova è seguita una lunga camera di consiglio. La misura prevede la sospensione del procedimento vincolata ad un programma che ha come attività obbligatoria e gratuita l'esecuzione di un lavoro di pubblica utilità a favore della collettività.

Su questo punto non ci sono state obiezioni, ma la parte civile è intervenuta sulla somma - 7mila e 9 mila euro - che gli imputati hanno proposto come risarcimento: troppo poco, secondo l'avvocato Benanti, che ha evidenziato la sproporzione fra l'esborso di oltre un milione e mezzo per l'acquisto di mascherine e la somma proposta dagli imputati.

Verifiche per il risarcimento. Gli avvocati della difesa hanno giustificato le cifre proposte spiegando che i loro assistiti non hanno una disponibilità economica maggiore. Ma la parte civile ha presentato un conto ben diverso: 3 milioni di euro, pari al danno che si è vista chiedere attraverso un'azione civile dall'acquirente finale delle mascherine, dunque dalla ditta che aveva pagato la merce e che ha calcolato come danno, oltre all'importo perso, anche il mancato guadagno.

Il giudice, ritenendo la prospettazione della situazione economica degli imputati non esaustiva per giustificare una così bassa offerta di risarcimento, ha incaricato la pg di Milano di effettuare un'indagine tributaria per accertare la reale disponibilità finanziaria.

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