Giustizia / Il caso

L'amore finito e i 60 mila euro da risarcire: l'anziano e la sudamericana in Tribunale

Lei (63 anni) aveva anche tentato di dare fuoco all'ottantunenne, cospargendolo di detersivo e avvicinandosi con un accendino, ma l'uomo se la cavò. Ed ora deve essere risarcito del patrimonio che le ha «prestato»

di Marica Viganò

TRENTO. Un rapporto amoroso finito male, malissimo, con un'accusa di tentato omicidio: nel settembre di quattro anni fa lei, una sessantatreenne sudamericana, aveva cosparso lui, un ottantunenne trentino, con un liquido che riteneva infiammabile, per poi scagliargli contro un accendino.

Per fortuna il liquido era detergente per vetri e l'uomo se l'era cavata con irritazioni cutanee, ma dopo quell'episodio l'epilogo della storia tra i due non solo aveva avuto doverosamente un'appendice giudiziaria in sede penale.

Era iniziato anche un procedimento civile, perché l'uomo si era accorto di essere stato sfruttato economicamente e chiedeva la restituzione delle forti somme che negli anni aveva fornito alla ex compagna: più di sessantamila euro.

Ieri il tribunale di Trento ha dato ragione all'anziano, imponendo alla donna di restituirgli 64.936,49 euro, oltre a 15mila euro per la rifusione delle spese di giudizio. Somme che dovranno aggiungersi ai circa 15mila euro ulteriori che la sudamericana era stata tenuta a versare come provvisionale in sede penale.

Le somme, aveva indicato il pensionato nella richiesta di rifusione che è stata dichiarata legittima da parte del giudice Massimo Morandini, erano state elargite alla donna a titolo di prestito e pressoché costantemente a fronte di insistenti e pressanti richieste da parte della compagna.

Tanto che il rapporto sarebbe andato esaurendosi di pari passo con l'esaurirsi del patrimonio dell'uomo, dando il là a una serie di violenze crescenti, come era emerso dal processo penale: minacce, maltrattamenti e pure botte da parte della convivente ai danni dell'uomo, che abitualmente veniva colpito anche con pezzi di legno per alimentare la stufa. Fino al culmine della tensione, con il tentativo di dare fuoco all'uomo dopo averlo minacciato anche con una forbice.

Circostanze in presenza delle quali è stato abbastanza evidente per il giudice avere conferma del fatto che le erogazioni di denaro da parte dell'uomo, nel corso degli anni, non erano state frutto di elargizioni connotate da spirito di libertà, bensì più che altro di frutto delle esasperanti richieste di lei.Anche perché con quei soldi, sarebbe stato accertato, la sessantenne aveva avuto modo di curare non tanto la vita di coppia ma la propria: la ristrutturazione di un immobile nella sua esclusiva (e non della coppia) disponibilità, l'acquisto di un terreno nel suo paese d'origine e così via.

A nulla è valsa la difesa dei legali della donna, che hanno invece spiegato come fosse da ritenere che quei soldi fossero stati donati dall'uomo nelle dinamiche di una sana vita di coppia e che dunque le richieste da parte dell'anziano di avere indietro le somme non fosse legittima.

Il giudice ha stabilito che, a dare sussistenza ulteriore alle richieste dell'anziano, vi siano anche le azioni poste in essere dalla donna al culmine del loro ultimo litigio: il codice civile prevede infatti la possibilità per il donante di chiedere la revoca della donazione per ingiuria grave del donatario.

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