Giustizia / Donne

Minaccia di morte la sorella, l’uomo ha chiesto scusa e risarcito con 300 euro

La donna, probabilmente sfinita di subIre un atteggiamento così aggressivo da parte del fratello, lo ha denunciato. Ed è riuscita a ottenere ciò che desiderava senza ricorrere al processo

di Marica Viganò

TRENTO. Essere cresciuti insieme non sempre significa andare d'accordo. Anche nelle migliori famiglie può accadere che volino i coltelli. Un caso emblematico - sebbene non il più grave finito davanti al giudice - è accaduto a Trento nell'aprile 2023 quando, al culmine di una lite, un uomo ha minacciato la sorella di morte. «Con queste mani io ti ammazzo. Così dopo finisco in galera - le ha urlato - Devi andartene fuori dai c...».

La donna, probabilmente sfinita di subIre un atteggiamento così aggressivo da parte del fratello, lo ha denunciato. Ed è riuscita a ottenere ciò che desiderava senza ricorrere al processo: il fratello si è scusato tanto «per le sue possibili responsabilità», impegnandosi a tenere in futuro «una condotta più adeguata», «atta a prevenire nuovi contrasti».

Il mea culpa ha risparmiato all'uomo una probabile condanna. La sua richiesta di perdono è stata accompagnata da un risarcimento del danno: 300 euro è l'offerta fatta alla sorella e da lei accettata. Preso atto del parere favorevole del pubblico ministero, il giudice ha dichiarato di non doversi procedere.

L'imputato ha dunque potuto usufruire dei benefici della cosiddetta condotta riparatoria, che ha come fine l'eliminazione delle «conseguenze dannose o pericolose del reato» ed è oggetto di un'attenta valutazione da parte del giudice. Infatti non sempre basta chiedere scusa e risarcire per vedersi estinguere il reato. Come evidenzia la Cassazione, il giudice deve ritenere l'attività riparatoria idonea a soddisfare non solo le legittime pretese della persona offesa, ma soprattutto «le esigenze di riprovazione del reato e di prevenzione».

In merito alle minacce di morte alla sorella, il giudice di pace ha ritenuto che «la condotta tenuta in udienza dall'imputato è apparsa congrua» sia per il risarcimento sia per le scuse. Il reato, dunque, è estinto.

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