Condannato per omicidio, potrà rimanere in Italia: «Non è un soggetto pericoloso»
Grazie alla sua condotta potrà rimanere in Italia con la sua famiglia. Se la questura di Trento, a seguito della condanna, gli ha revocato il permesso di soggiorno, il Tar ha accolto il ricorso in quanto non è stata valutata «l'attuale pericolosità» del soggetto
TRENTO. Aveva partecipato al pestaggio mortale di un connazionale, davanti ad un locale di Milano. E questo è un dato di fatto: il trentenne del Sud-est asiatico è stato condannato per omicidio a 15 anni, una decina dei quali già scontati in carcere. Lo straniero evidentemente si è ravveduto perché il comportamento in cella è stato ineccepibile, meritevole di permessi premio.
Grazie alla sua condotta potrà rimanere in Italia con la sua famiglia. Se la questura di Trento, a seguito della condanna, gli ha revocato il permesso di soggiorno, il Tar ha accolto il ricorso in quanto non è stata valutata «l'attuale pericolosità» del soggetto. Ad un reato gravissimo, dunque, non consegue in via automatica un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale, per lo straniero che l'ha commesso.
Nel caso specifico si discute sul rilascio non di un documento "semplice", ma di un permesso per soggiornanti di lungo periodo, titolo riservato solo allo straniero che presenta determinati requisiti (permesso di soggiorno da almeno cinque anni, disponibilità di un certo reddito, un alloggio idoneo) e a chi è valutato soggetto non pericoloso per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Tale permesso di soggiorno - non facile da ottenere - garantisce determinati vantaggi, ad esempio ottenere alloggi di edilizia pubblica e usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di erogazioni in materia sanitaria e scolastica.
A seguito del reato di omicidio inserito nel casellario dello straniero, vi è stata la revoca del titolo di soggiorno da parte della questura di Trento (competente in quanto gli atti amministrativi erano stati presentati dal soggetto nel periodo in cui si trovava nella nostra provincia per lavoro).
Contro questa decisione il detenuto ha presentato ricorso attraverso l'avvocato Alberto Pieracci di Milano. Il legale ha evidenziato che il soggetto, arrivato da minorenne in Italia, ha sempre lavorato e ha «mantenuto una condotta contemporanea e susseguente al reato del tutto positiva»: è un «detenuto modello», ha potuto accedere ad una opportunità lavorativa che si è trasformata in un contratto a tempo indeterminato e potrà beneficiare della liberazione anticipata dal carcere. Attualmente, evidenzia l'avvocato, «non può essere definito socialmente pericoloso».
Il Tar, presieduto da Alessandra Farina, accogliendo il ricorso ricorda che c'è un orientamento costante della giurisprudenza che evidenzia che «la revoca del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo deve essere sorretta da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata».
La questura di Trento non avrebbe spiegato adeguatamente la decisione presa, in particolare riguardo al giudizio sul soggetto e sulla sua condotta. I giudici amministrativi hanno ritenuto di annullare la revoca del permesso di soggiorno, pur riconoscendo che è «innegabilmente oltremodo grave la vicenda criminale ascrivibile al cittadino», che si è trattato di un «fatto assolutamente deprecabile», e che è stato commesso un reato «senz'altro pesante che inconfutabilmente supera la soglia di gravità percepita da quisque populo».