Invitano a cena la collega, picchiati dal fidanzato: l'episodio in piazza Duomo
Motivi di gelosia alla base delle violenze, documentate anche dai video, per le quali un uomo è stato condannato a una pena pecuniaria, a risarcire le parti civili e a rifondere loro le spese di costituzione
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TRENTO. La rissa era scoppiata un sabato sera di maggio, nella centralissima piazza Duomo, fra baristi che lavorano in diversi locali della città. La concorrenza non c'entra nulla, perché - come appurato dalla polizia attraverso testimonianze concordanti - il parapiglia era accaduto per motivi di gelosia.
Da una parte un fidanzato eccessivamente possessivo, dall'altra due giovani che hanno avuto la sola colpa di invitare la ragazza di lui ad una cena fra ex colleghi. Sono volati pugni all'ombra del Nettuno.
Ora, a cinque anni di distanza dal violento episodio, è arrivato il conto della giustizia per il trentenne che per una ingiustificata ed ingiustificabile gelosia è finito davanti al giudice con l'accusa di lesioni personali e di minacce: è stato condannato al pagamento di una multa ed a versare complessivamente 7mila euro alle vittime, fra risarcimento danni e copertura delle spese legali. I due giovani feriti, che si sono costituiti parte civile, hanno riportato rispettivamente 5 e 12 giorni di prognosi.
Uno era stato colpito violentemente con uno schiaffo ed un pugno al labbro, quindi spinto a terra, mentre l'altro, intervenuto in soccorso dell'amico, aveva preso un pugno in faccia così forte da perdere l'equilibrio. In piazza Duomo erano intervenute l'ambulanza e la polizia. I due feriti erano stati medicati al pronto soccorso. Il giorno seguente uno dei due giovani era stato raggiunto dal trentenne nel bar in cui lavorava e minacciato: «Ti sfascio perché hai provato con B» aveva detto in albanese, lingua madre di entrambi.
Il pubblico ministero ha chiesto la condanna dell'imputato al pagamento di una multa di 500 euro, pena base, aumentata di 100 euro per l'aggravante di aver agito per futili motivi. Le due parti civili hanno chiesto 3mila euro ciascuna, per un totale di 6mila, tenendo conto del danno fisico e del danno non patrimoniale (biologico e morale, ossia il turbamento psicofisico ed emotivo causato dal fatto reato).
La responsabilità dell'imputato riguardo all'aggressione è stata provata dai filmati delle telecamere e dalle testimonianze assunte in aula, che di fatto hanno ricalcato la dinamica contenuta nel capo di imputazione. Lo stesso giudice evidenzia nella sentenza che «l'assenza per tutto il corso del processo dell'imputato non ha permesso di prendere in considerazione ipotesi diverse da quelle accusatorie».
Le lesioni subite dalle parti civili sono documentate anche dalla certificazioni sanitarie, dunque non c'è alcun dubbio sul fatto. Confermata dal giudice anche l'aggravante dei futili motivi, considerato che il movente che ha portato l'imputato «a tale spropositata ed illecita reazione» è stato «un semplice ed educato invito ad una cena tra ex colleghi fatta alla signora B».
In merito alle minacce, invece, non è stata sufficientemente provata la commissione del reato. L'imputato è stato dunque condannato ad una pena di 800 euro di multa, a risarcire le parti civili rispettivamente con 1.000 e con 1.700 euro ed a rifondere loro le spese di costituzione, pari a 2.269 euro a testa.