Trento seconda città italiana per aumento dell'inflazione, la denuncia della Cgil: «+1,8 in un solo mese»
Il sindacato attacca: «urgente che la Giunta provinciale provveda a garantire un pieno recupero del potere d’acquisto», anche rivedendo l’Icef
TRENTO. Inflazione. “Ad agosto Trento è la seconda città più cara in Italia. Secondo l’Istat i prezzi sono saliti dell’1,8% in un solo mese”. Lo afferma in una nota la segreteria confederale della Cgil del Trentino.
“Dopo mesi di rallentamento delle dinamiche inflattive, ad agosto i prezzi in Trentino sono tornati a correre. Con un aumento dell’1.8% dell'indicatore Nic l’Istat certifica che il capoluogo della nostra provincia è la seconda città in Italia per incremento dei prezzi dietro Bolzano (+2,5%).
Così anche osservando i dati degli altri indicatori sull’andamento dei prezzi, si registra ormai da un paio di mesi una nuova accelerazione dell’inflazione a livello locale. Infatti in base all’indice per le famiglie di operai ed impiegati (Foi) sia a luglio che ad agosto, l’inflazione della nostra provincia è tornata ad essere più elevata rispetto a quella nazionale (+1,2% in entrambi i mesi contro l’1,1% di luglio e lo 0,8% di agosto della media italiana).
A pensare di più sul carrello della spesa delle famiglie trentine – dice il sindacato – ancora oggi sono i beni di prima necessità e quelli i cui costi non sono facilmente comprimibili. In particolare il tasso di inflazione medio dei primi otto mesi dell’anno, calcolato sull’indice Foi, in Trentino per i prodotti alimentari si è stabilizzato al 3,8% mentre i trasporti hanno registrato incrementi del 2,5%.
Per questo motivo resta urgente che la Giunta provinciale provveda a garantire un pieno recupero del potere d’acquisto in primo luogo almeno per quanto riguarda le provvidenze per le famiglie con figli, per i disabili, per il sostegno al reddito di contrasto alla povertà e gli altri strumenti del welfare, dall’assegno di cura all’edilizia abitativa sociale passando per l’icef per la compartecipazione ai servizi educativi e di assistenza.
Attraverso l’indicizzazione dell’Icef sarebbe possibile infatti dare una prima risposta alle famiglie più deboli. Continuare ad ostinarsi in direzione opposta non significa solo dimostrare tutta la propria miopia, ma anche perseverare in una operazione di impoverimento delle famiglie di chi lavora già oggi penalizzate da una insoddisfacente dinamica di stipendi e salari”.