Agricoltura / Frontiere

Coltivare le mosche: ecco l'azienda innovativa di Zambana che crea i mangimi del futuro

Baolfly, di  Elena Marcolla, produce cibi proteici per gli allevamenti animali, fatti con larve di «mosca soldato». C’è mercato? «Eccome!»

di Alice Presa Wood

ZAMBANA. Nel 1866 lo zoologo tedesco Haeckel coniò la prima definizione di Ecologia: la scienza relativa alla relazione e alle funzioni degli organismi con l'ambiente circostante, ossia come gli esseri viventi, umani compresi, riescano sempre ad adattarsi e modificare il loro comportamento nel corso del tempo o nel luogo dove si trovano. Un esempio è il cambiamento climatico che ci ha insegnato a cambiare le nostre abitudini: dalla raccolta differenziata all'acquisto dei prodotti a km zero, fino alla chiusura del rubinetto del lavandino quando ci laviamo i denti.

E, a volte, il termine ecologia va di pari passo con il termine insetto. Ce lo spiega Elena Marcolla, 34enne laureata in Scienze Tecnologiche e Agrarie a Padova e con un master in Direzione e Strategia d'impresa del Sole 24 Ore, imprenditrice trentina - di Zambana - che ha creato Baolfly, startup innovativa che produce larve che possono venire utilizzate come integratore alimentare per galline, suini, e pesci e che sta già riscuotendo molto successo.

Baolfly, che origine ha questo nome?

«Baol in dialetto significa insetto, e fly in inglese vuol dire volare. Non è solo una bella frase, ma racchiude la mia idea di portare un'idea trentina nel mondo».

Cos'è esattamente?

«Baolfly è una ditta che alleva insetti per la produzione di larve di mosca soldato nera, un insetto originario del sud America, ma che ad oggi si trova ovunque, anche in Italia».

A cosa servono queste larve?

«Sono altamente proteiche. La mia idea è quella di aggiungerle ai mangimi per soddisfare il fabbisogno proteico degli animali, in quanto gli attuali nutrienti spesso sono importati oltre oceano, non sono sostenibili a livello ambientale, e a volte possono addirittura causare allergie».

E queste larve no?

«In questo caso, essendo semplicemente insetti, si tratta di un prodotto ipoallergenico, che rispetta il comportamento naturale dell'animale. Se ci si pensa bene le galline e i maiali mangiano già vermi o mosche dal terreno».

Come si producono?

«Con un metodo chiamato vertical farming, mettendo delle cassette una sopra l'altra. È un metodo che fa risparmiare spazio, infatti non si ha più bisogno di tanti campi da coltivare che possono essere utilizzati per altri scopi. Inoltre queste mosche si cibano dei nostri sprechi alimentari e hanno bisogno di pochissima acqua, e producono pochissima anidride carbonica rispetto alle attuali fonti in uso. Quindi risparmiamo cibo e acqua, e inquiniamo meno».

È difficile allevare le mosche soldato?

«Lo è, ma non per l'insetto in sé, ma per la burocrazia. Essendo un'attività completamente nuova, e io sono la prima ad aver avuto quest'idea in Trentino, le leggi non sono ancora ben definite. Per fortuna l'Unione Europea si sta muovendo, e lo stesso lo sta facendo la Provincia. D'altronde ci sono già aziende agricole e mangimistiche interessate».

Davvero?

«Eccome. In molti mi hanno raccontato che non vedono l'ora di acquistare un prodotto proteico a basso consumo ambientale e che si potesse produrre localmente. Inoltre è un prodotto sano e che aiuta gli animali a crescere bene, e se loro stanno bene, ovviamente anche noi che li mangiamo staremo bene. Ed è la cosa più importante».

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