Criminalità / L’arresto

Presi dai carabinieri gli autori della minaccia mafiosa a un imprenditore di Dimaro: “Gli spariamo alle gambe”

Fermato un solandro di 60 anni (al momento dell’arresto aveva con sé una pistola carica e munita di silenziatore). Nei guai anche il complice, un noneso di 56 anni. Il duo criminale avrebbe dato fuoco anche al Bicigrill di Pellizzano

PEIO. Nella mattinata di oggi, primo ottobre, nel comune di Peio i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trento, unitamente a quelli del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Cles hanno fermato un 60enne solandro, con numerosi precedenti all’attivo, ritenuto responsabile, assieme ad un’altra persona, di porto e possesso di armi, incendio doloso e tentata estorsione commessa con il metodo mafioso.

L’indagine che trae origine dall’episodio avvenuto a giugno del 2023, quando venne recapitato un messaggio intimidatorio corredato da una testa mozzata di ovino davanti casa di un imprenditore ortofrutticolo di Dimaro, ha permesso di attribuire al fermato e al suo complice, un 56enne della Val di Non, il gravissimo atto criminoso.

Nella circostanza, nel messaggio scritto in dialetto “calabrese” i responsabili facevano riferimento a una “famiglia” così da evocare l’esistenza di un vincolo mafioso teso a rafforzare il carattere intimidatorio delle loro minacce e ad ingenerare assoggettamento ed omertà nelle vittime, che fortunatamente si è rivolta ai carabinieri.

Alla base del folle gesto estorsivo parrebbe esserci un movente economico. L’arrestato avrebbe voluto rifarsi economicamente di una sua proprietà ceduta anni addietro alla famiglia dell’imprenditore per far fronte ad un debito contratto da un suo congiunto.

I due però, non soddisfatti, nei mesi scorsi avevano addirittura iniziato a ipotizzare di aggravare la portata intimidatoria del primo gesto pensando di andare a “sparare alle gambe” alle loro vittime in modo tale da costringerli a consegnare i soldi.

È proprio a seguito di conversazioni come queste che i Carabinieri decidevano di effettuare una perquisizione in cerca di armi ed esplosivi che effettivamente risultava positiva considerato che nella disponibilità del complice, venivano trovate una pistola semiautomatica calibro 7,65 con silenziatore, una replica di pistola mitragliatrice Uzi ed un simulacro di fucile a tamburo più proiettili di vario calibro per le quali veniva arrestato in flagranza.

Le prolungate attività d’indagine coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia permettevano a distanza di un anno dal primo fatto di attribuire al duo criminale un altro gravissimo episodio intimidatorio avvenuto la notte del 6 giugno in danno del “Bicigrill” di Pellizzano a cui veniva appiccato un incendio.

Il provvedimento odierno si è reso necessario considerata la grave pericolosità evidenziata dal soggetto e i propositi captati dagli investigatori di sottrarsi - anche reagendo in maniera violenta - a un suo eventuale arresto. Al momento del fermo, il soggetto aveva con sé (nascosta sotto il sellino della moto su cui viaggiava) una pistola calibro 22 carica e munita di silenziatore, con matricola abrasa.

"Ci troviamo di fronte a soggetti di elevata pericolosità sociale, che giravano armati con fare intimidatorio e particolarmente aggressivo. È la prima volta che succedono dei fatti simili in Trentino. Per questo abbiamo pensato inizialmente a una rete più ampia", ha detto in conferenza stampa il comandante dei carabinieri del Trentino, Matteo Ederle, in riferimento ai due trentini arrestati per tentata estorsione commessa con metodo mafioso, porto abusivo di armi e incendio doloso.

"Nel corso delle intercettazioni, abbiamo appurato che parlavano addirittura di un sequestro di persona per ottenere un riscatto, assieme alla volontà di procurarsi armi da guerra e di rifarsi una vita in Spagna per sottrarsi all'eventuale arresto. Inizialmente abbiamo pensato che ci fosse una realtà più ampia. L'intuizione e il collegamento con l'incendio al Bicigrill è stata possibile grazie al controllo delle pattuglie sul territorio, che hanno invidiato il 56enne, ritenuto il braccio operativo, sul luogo del delitto", ha aggiunto Ederle.

Nel corso dell'indagine, i carabinieri del nucleo investigativo di Trento hanno passato al vaglio oltre 63mila conversazioni intercettate, sia telefoniche, che telematiche e ambientali. Numerosi anche i testimoni sentiti nel corso dell'indagine.

"Riteniamo che il 60enne solandro fosse il mandante e il 56enne della val di Non l'esecutore. Tra i progetti che i due contavano di realizzare, oltre al sequestro di una persona in Toscana, vi era anche la gambizzazione di una terza vittima. Questi due elementi hanno portato a un'accelerazione significativa dell'operazione", ha precisato il tenente colonnello, Michele Capurso.

"Si tratta di eventi che hanno creato un forte allarme sociale e che hanno richiesto un'attenzione particolare. Fondamentale nell'indagine è stata la reazione delle vittime, che non hanno taciuto e si sono subito affidate alle forze dell'ordine, e del presidio del territorio delle pattuglia. Proprio grazie all'attenzione di due giovani militari si è potuto ricostruire i movimenti del 56enne e collegare l'incendio del Bicigrill, le cui motivazioni non sono ancora note", ha concluso il comandante dei carabinieri di Cles, Guido Quatrale.

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