Ciclismo / Il lutto

Morto in gara Silvano Janes, il ricordo di chi lo amava: “Un grande, non mollava mai”

Giuseppe "Bepi" Zoccante, al timone del comitato trentino della Fci per ben 24 anni, ha perso un amico ma - dice - "il mondo del ciclismo amatoriale ha perso un vero campione". «La sua è stata una carriera costellata di successi, anche a livello mondiale. Era il migliore nella sua categoria»

TRAGEDIA Ha perso la vita ad Asiago Silvano Janes

TRENTO. Mondo del ciclismo trentino ancora sconvolto per la scomparsa di Silvano Janes. Il «Tasso», è morto ieri durante i campionati europei di Gravel ad Asiago. L'atleta di Povo, 69 anni, è stato colpito da un malore dopo soli tre chilometri di gara e purtroppo gli immediati tentativi di rianimarlo sono stati vani. Icona del mondo amatoriale, Janes ha avuto una carriera lunghissima costellata di grandi vittorie: 40 tricolori, 10 mondiali, 5 europei, più decine di gare impossibili da elencare tutte. A 60 anni aveva annunciato il ritiro, ma in realtà ha continuato a correre non riuscendo a rinunciare a una passione enorme.

Giuseppe "Bepi" Zoccante, al timone del comitato trentino della Fci per ben 24 anni, ha perso un amico ma - dice - "il mondo del ciclismo amatoriale ha perso un vero campione". «La sua è stata una carriera costellata di successi, anche a livello mondiale. Era il migliore nella sua categoria».

Nella mente di Zoccante, 82 anni, riaffiorano tantissimi ricordi. «É stato un atleta che ha dato lustro alla nostra federazione. Il mio ricordo di lui? Che veniva a fare le gare e le vinceva sempre e se si parlava di qualcosa era sempre di ciclismo, di preparazione atletica e di allenamenti. Nonostante fosse un campione non si dava però tante arie, stava volentieri con tutti».

Zoccante ricorda di averlo sentito al telefono una decina di giorni fa. "Non ti stufi di correre?, gli aveva chiesto. «Ma lui, come tutti noi che il ciclismo ce l'abbiamo nel sangue, faceva fatica a smettere. Lui era uno che correva per vincere anche adesso che aveva 69 anni. Un peccato che non avesse iniziato da giovane. Da ragazzo giocava a calcio e aveva iniziato ad andare in bicicletta in seguito ad un problema al ginocchio. Se avesse iniziato prima probabilmente sarebbe diventato un ciclista professionista di livello».

Chi può dire di aver pedalato con Janes fin da piccolissimo e di aver gareggiato con lui in tantissime occasioni è sicuramente Gabriele Valentini, ex ciclista dilettante, oggi alle prese con i postumi di un gravissimo incidente in bici di cui è rimasto vittima a luglio. «Quando abitavo a Povo, e avevo più o meno 12 anni, lui era un punto di riferimento, il campione del paese che si guardava con una certa ammirazione. Poi quando ero nella categoria dilettanti lui veniva abitualmente ad allenarsi con me, Simoni, Bertolini, Prada, Sartori e Rossi. Infine quando anch'io sono diventato amatore ancora di più, eravamo amici-rivali. Io però a 56 anni ho smesso, lui non ci riusciva. L'ultima gara che abbiamo fatto e vinto insieme è stata la Schwalbe Tour Transalp».

Janes, lo sa benissimo chi lo conosceva bene, non rinunciava mai al suo allenamento in bici. «Andava 365 giorni all'anno, anche se pioveva. Non mollava mai. E poi aveva quello spirito agonistico, quella voglia di vincere sempre», ricorda Valentini. Quella voglia di primeggiare che l'ha portato a vincere tantissimi titoli, ma che sfoderava anche con gli amici. «Il sabato andavamo sempre a fare un giro lungo, di alcune ore. Quando capitava una salita lui non accettava di arrivare dietro a qualcuno. Voleva vincere, sempre. Del resto non c'è nessuno al mondo che alla sua età era forte come lui».
 

Sorride Valentini quando ricorda le conversazioni con Janes e la sua volontà di rimanere sempre al top. «Aveva un po' mollato sulle "gare della domenica", ma se c'era una maglia o un titolo da conquistare non resisteva». La notizia della morte di Janes è rimbalzata di cellulare in cellulare lasciando attonito il mondo del ciclismo.

«Avevo grande stima di lui - dice Graziano Calovi giornalista sportivo ed ex professionista - Era un grandissimo atleta e per un periodi ci siamo anche allenati insieme. Lui è sempre stato un esempio per le persone che pedalano. Ha vinto tantissimo ed è sempre stato stimato, come atleta e come persona. Era sempre cordiale, gentile, disponibile con tutti e sempre pronto a dare consigli ai più giovani».

Calovi non si capacita del malore che ha colpito l'amico campione. «Con tutte le gare che faceva era supercontrollato, ma sono cose che succedono. Ricordo che una volta, ad una serata a Villalagarina, mi disse di aver corso a livello agonistico fino a 60 anni ma di aver poi continuato perché si sentiva bene. Lui viveva di ciclismo, non poteva vivere senza bicicletta».

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