Povertà / Intervista

Don Leonardelli: «Alla Caritas sempre più persone in difficoltà per l'affitto e le bollette»

Il presidente della Fondazione diocesana trentina: «Molti faticano ad arrivare a fine mese, pesa il problema del cosiddetto "lavoro povero", a fronte del costo della vita che aumenta e degli stipendi che rimangono sempre quelli. Con 1.000-1.300 euro non si va molto lontano»

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di Marica Vigano'

TRENTO. «Un aumento progressivo delle persone che faticano o non riescono ad arrivare a fine mese sicuramente c'è. Pesa il discorso della casa e del cosiddetto "lavoro povero", a fronte del costo della vita che aumenta e degli stipendi che rimangono sempre quelli. Con 1.000-1.300 euro si pagano affitto e bollette. Non si va molto lontano».

Famiglie, ma anche persone che vivono sole, anziani in difficoltà con la sola pensione sociale, uomini e donne in particolare nella fascia d'età 30-55: don Mauro Leonardelli, presidente della Fondazione Caritas Diocesana, ascolta le storie e le fragilità, assieme ai suoi collaboratori interviene per dare un sostegno concreto a chi non ha risorse sufficienti per andare avanti. Coloro che bussano alla porta della Caritas non sono "di passaggio" in Trentino, ma qui vivono e, nella maggior parte dei casi, hanno un lavoro.

Don Mauro, in che modo Caritas interviene in aiuto di chi bussa alla vostra porta?

Siamo presenti su tutto il territorio diocesano e forniamo viveri e vestiti, ma diamo soprattutto ascolto. Ed è questa la parte più difficile, perché non è semplice per le persone chiedere aiuto e parlare delle proprie difficoltà. Abbiamo inoltre il progetto della Diocesi "InFondo Speranza": dopo aver conosciuto bene la situazione, interveniamo con un aiuto economico a fondo perduto di massimo 2mila euro per nucleo o singolo. Negli anni 2021, 2022 e 2023 attraverso InFondo Speranza Trento e InFondo Speranza Rovereto abbiamo distribuito complessivamente 610mila euro, circa 200mila euro all'anno. Significa che in tre anni hanno beneficiato del vostro aiuto economico oltre 300 persone. Questo contributo a quali necessità ha fatto fronte?Più della metà dei beneficiari ha utilizzato il denaro del fondo per pagare l'affitto. La percentuale esatta è del 51%.

Per il 21% il fondo è servito per le spese condominiali e per il 6% per le utenze della casa. Abbiamo un 5% che con il fondo ha pagato le spese sanitarie e un altro 5% le necessità educative, ad esempio le attività scolastiche e la mensa. La restante percentuale è stata destinata ad altre urgenze.

Dalle percentuali che ci ha illustrato emerge chiaramente un problema legato alla casa.

I beneficiari del fondo - circa 300 in tre anni - sono per il 50% nuclei con minori. Vengono da noi persone italiane e straniere che risiedono in Trentino da anni, quasi tutte con una casa. Il problema è pagare l'affitto o le utenze.

Le statistiche Istat indicano che dopo l'emergenza Covid la povertà è aumentata: nella nostra Provincia sono in difficoltà economica il 6% delle famiglie e il 9% dei singoli. Come Caritas avete un riscontro di questi dati?

Prima del Covid queste difficoltà non emergevano perché le persone riuscivano a barcamenarsi. Ma negli ultimi anni è cambiata la capacità di acquisto e la "fascia grigia" della popolazione che prima riusciva a stare in equilibrio ora fa molta fatica. Non sono aumentati solo i prezzi degli alimenti, ma è cresciuto in generale il costo della vita. La gente fatica ad arrivare a fine mese, ma non perché fa cose straordinarie: parliamo di persone che vivono normalmente.

Da cosa si può partire per tamponare questo trend? Lei ha qualche suggerimento?

Avere una soluzione? Magari. Ma posso dire che l'emergenza casa è al primo posto in assoluto: ogni giorno vengono da noi persone che chiedono aiuto per trovare una soluzione abitativa ad un prezzo adeguato. Non sono indigenti: possono pagare un affitto, diciamo, moderato. Facciamo un appello per trovare abitazioni ad un canone buono, magari qualcuno si fa avanti.Dopo la casa, quale altra emergenza riscontrate?Un'emergenza umana: rispetto al passato ora bisogna spiegare perché si ascoltano le persone, perché si va loro incontro; ci chiedono se è giusto aiutare ed accogliere. Questa è una emergenza di "sentire umano".

Colpa della troppa diffidenza?

Non so se è diffidenza o se ciò deriva dal modo di vivere, dalla società, dal pensare comune. Forse non c'è un fattore unico. Ma la difficoltà è evidente: diventa allora necessario aprirsi all'altro, all'essere umano al di là della fede, della morale, dell'etica.

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