Thöni: bellissimo il film sulla Valanga Azzurra, le vittorie amplificate sui media hanno trasformato lo sci
Parla il campione altoatesino che l'altra sera era presente alla proiezione al cinema "Roma" di Trento, con altri protagonisti, come Piero Gros e Paolo De Chiesa, accanto al regista Giovanni Veronesi
TRENTO. Uno sport in bianco e nero. È questo il ricordo dello sci anni Settanta. Quelle che si guardava alla tv e il primo pensiero che veniva spontaneo a chi, ragazzino, non aveva nemmeno mai sciato, era: ma come fanno a capire quale paletto prendere da destra e quale da sinistra?
Erano venute in aiuto le prime tv a colori nelle vetrine dei negozi di elettrodomestici che mostravano, invero non molto chiaramente, dei paletti di diverso colore: rosso e blu. Il ricordo di quei giorni porta alla mente berretti di lana, fascette sulla fronte quasi a mo’ dei tennisti dell’epoca e capelli al vento.
E, ovviamente, un’Italia che vinceva. Che vinceva tutto. La chiamarono “Valanga Azzurra”. C’erano sciatori nati lungo tutto l’arco alpino. Ma ce n’era uno che, poche parole e solo tanti fatti chiamati vittorie, faceva saltare in piedi tutti, anche chi poco prima gli sci non sapeva nemmeno esistessero.
Il suo nome è Gustav Thöni. Quel periodo mitico ora è un film dal titolo tanto semplice che in tre parole dice tutto: “La Valanga Azzurra”.
Lo ha girato Giovanni Veronesi che lo ha presentato alla Festa del cinema di Roma e che ieri è arrivato anche sul grande schermo di Trento. Non tanta gente al cinema Roma, martedì scorso, ma poi a fine proiezione per gli appassionati il piacere di parlare con i protagonisti: Pierino Gros, Paolo De Chiesa e Gustav Thöni.
Quest’ultimo il mattatore di quegli anni. Uomo di poche parole ma buone, vien da dire. Abbinate poi a una cortesia quasi d’altri tempi.
Gustav Thöni, cosa ha provato nel vedere il film di Veronesi?
È stata una bella sensazione. Il film è venuto davvero bene. Per me è proprio bellissimo e vederlo è stato davvero un piacere.
Le è venuta un pizzico di nostalgia per quei tempi?
No davvero. Emozione questa sì, ma non nostalgia. È stato un periodo molto bello, che ha lasciato dei gran bei ricordi, ma il tempo non si ferma. La nostalgia non mi appartiene.
La vostra generazione ha cambiato lo sci andando ben oltre lo sport e influenzando la vita quotidiana, il costume stesso del nostro Paese.
Certamente abbiamo cambiato lo sci come sport, ma non scordiamo che televisione e stampa hanno fatto la loro parte. Anche attraverso di loro, con le tantissime cose che hanno mostrato, è nata una passione anche laddove non c’era. Fino agli anni Settanta lo sci era praticato da chi viveva nelle valli, ma in generale era costoso, di fatto era uno sport di élite, praticato soltanto da quelli che portavano permetterselo. Poi, un benessere più diffuso ha aiutato a promuovere lo sci.
La diversa personalità e le vittorie degli sciatori della valanga azzurra hanno contribuito ad aumentare non solo la visibilità dello sci ma tutto quanto ruotava attorno allo sci. Quello che facevamo era tutto naturale. C’era grande spontaneità in tutti noi. Poi, chiaro, dietro a noi è arrivata l’industria, che ha cambiato l’abbigliamento e creato tante stazioni sciistiche realizzando nuovi impianti.
Il film di Veronesi racconta la storia di un gruppo di fuoriclasse rivali, ma amici.
Passavamo tutto l’anno assieme tra preparazione atletica e sciistica e poi in giro per le gare. Ci siamo sempre confrontati anche durante gli allenamenti per essere uno più bravo dell’altro e questo c’è stato da incentivo per andare più forte sempre. Il regista è riuscito a creare armonia durante la realizzazione tirando fuori il bello, ma anche i problemi della nostra avventura sportiva e umana.
Una amicizia nata sugli sci e che ancora è salda?
Oh, è bellissimo che dopo 50 anni ci incontriamo e ci troviamo benissimo. Siamo tutti rimasti degli amici fino in fondo. Per certi versi voi sudtirolesi, magari involontariamente, avete indicato una strada per la pacifica convivenza al di là di lingua e cultura. Di sicuro nel nostro gruppo non c’era un problema italiano – sudtirolese. Eravamo da tutte le parti d’Italia, dal Piemonte, dalla Valle d’Aosta, noi dell’Alto Adige.
C’era amicizia tra compagni di Nazionale, ma io ho sempre trovato molta amicizia dovunque andavo, da casa alla Sicilia.
Amicizia e vittorie: come non chiederle quali siano i successi che le sono rimasti nel cuore.
Le Olimpiadi sono quelle che vanno più sotto la pelle. Poi ovviamente ci sono le Coppe del Mondo, i Mondiali, l’indimenticabile parallelo con Stenmark. Ma le Olimpiadi...
E in fatto di amicizie e grandi rivalità?
Come ho detto amico con tutti i miei compagni di squadra. Avversari tanti, Stenmark soprattutto.
Senza Thöni e la valanga azzurra ci sarebbe mai potuto essere Alberto Tomba?
Non lo so. Tomba è Tomba per merito di suo padre che ha portato i suoi figli a Cortina a sciare. Un grande appassionato del nostro sport che ha saputo trasmettere la passione ad Alberto con il quale ho anche avuto il piacere di lavorare.
[nella foto di Paolo Pedrotti, da sinistra Paolo De Chiesa, Giovanni Veronesi, Gustavo Thöni, Piero Gross e Lorenzo Fabiano]