Giustizia / Il caso

Eredità contesa, la sorella lo denuncia: finisce in carcere ma era innocente, adesso va risarcito

Si era fatto un mese in cella e sei mesi ai domiciliari: assolto, ha dovuto affrontare una battaglia per il compenso, con il Ministero che si rifiutava di pagare

di Marica Viganò

TRENTO. Accusato dalla sorella di aver contraffatto documenti relativi all'eredità paterna, è pure finito in carcere e ai domiciliari per sei mesi prima che il Tribunale di Trento pronunciasse sentenza di assoluzione. L'uomo, settantenne trentino, ha diritto ad un indennizzo per ingiusta detenzione: lo aveva deciso la Corte d'appello nel 2021, ma il ministero dell'Economia ha presentato due volte ricorso in Cassazione per opporsi al risarcimento, fino all'ultima sentenza che ha riconosciuto che l'imputato non ha avuto alcuna colpa, neppure lieve nei fatti, e che gli spettano 28mila euro.

Documenti contraffatti. Falsa testimonianza, falso materiale in cambiale, falsa autenticazione di pubblico ufficiale e uso di valori di bollo contraffatti: queste le accuse che hanno portato all'arresto. Il processo penale è sorto all'interno di un contenzioso civile tra fratello e sorella: l'uomo era accusato di aver prodotto documenti ritenuti non autentici. Nell'abitazione, a seguito di perquisizione, erano stati trovati una macchina da scrivere e un computer che aveva in memoria una lettera ed un testo contenente indicazioni sulla deposizione di un testimone. Il giudice per le indagini preliminari, attraverso gli elementi raccolti dalla polizia giudiziaria, aveva ritenuto che l'uomo fosse l'autore dei documenti falsi.

La difesa. In sede di interrogatorio di garanzia, l'uomo aveva fin da subito spiegato le proprie ragioni, dichiarandosi estraneo ai fatti. La cambiale - ritenuta contraffatta - ha riferito di averla trovata in un cassetto dopo la morte del padre e che tale documento era stato rilasciato dalla sorella su richiesta del genitore come garanzia a fronte del denaro ricevuto in amministrazione.

Inoltre la scrittura privata di donazione di soldi come anticipo dell'eredità era stata predisposta da un legale di Milano, incaricato dal padre e da lui stesso quando erano nati i disaccordi con la sorella. Infine la lettera trovata nel computer e indirizzata ad un testimone non era opera sua, né lui aveva mai utilizzato la macchina da scrivere del padre.  L'uomo, nel 2019, aveva trascorso un mese in carcere e cinque mesi ai domiciliari.

Assoluzione e indennizzo. Il tribunale di Trento, con sentenza confermata dalla Corte d'appello nel dicembre 2021, ha assolto l'imputato per non aver commesso il fatto in merito ai reati di falso materiale in atto pubblico e uso di valori bollati contraffatti e perché il fatto non sussiste per la falsa testimonianza e la falsa cambiale. Il ministero delle Finanze si era opposto all'indennizzo per ingiusta detenzione (valutato inizialmente in 80mila euro), ottenendo che la Corte d'appello riesaminasse gli atti.

Nel 2023 il Collegio di Trento ha affrontato nuovamente il caso evidenziando che l'imputato aveva offerto fin da subito elementi circostanziati a suo favore e tenuto comportamenti né dolosi né colposi. Il Ministero, che si è visto respingere dalla Cassazione anche il successivo ricorso contro l'indennizzo, dovrà ora versare all'uomo l'importo ricalcolato, pari a 28mila euro.

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