Sanità / La storia

Primo compleanno dopo il trapianto: Pamela Alovisi racconta la sua “nuova” vita

Una testimonianza fatta di sofferenza e determinazione, fino al giorno in cui la quarantenne di Volano venne chiamata per l'intervento: «Penso sempre a chi mi ha donato i polmoni. È il mio sconosciuto angelo: voglio ringraziare la sua famiglia»

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di Fabio Peterlongo

TRENTO. «Ad un anno dal mio trapianto di polmoni, sento di essere nata a una nuova vita. In un certo senso è il mio primo compleanno». Pamela Alovisi, di Volano, ci racconta la sua vicenda personale, una storia fatta di tenacia, amore e di quella «buona sanità» pubblica che spesso passa inosservata, sommersa dalle troppe storture di un sistema sanitario in sofferenza. Affetta da diversi anni da una rara patologia polmonare, la linfangioleiomiomatosi, Pamela rischiava tutto, anche la vita.

Racconta: «Nel 2008 in seguito a un pneumotorace, i medici si accorsero che entrambi i polmoni erano coperti di tante "bollicine", i segni di questa patologia invalidante e che progressivamente impedisce il respiro - spiega Pamela - Non c'è una cura e negli anni ho dovuto fare molte rinunce, rivedendo il mio modo di vivere la vita, che non poteva essere quella tipica di una ragazza di venti o trent'anni».

La linfangioleiomiomatosi vede la proliferazione nel tessuto polmonare di cellule muscolari «lisce» atipiche che causano la distorsione dell'architettura del polmone e un progressivo deterioramento della funzionalità respiratoria.

L'avanzamento della malattia è lento, ma inesorabile; negli anni recenti, Pamela ha dovuto fare i conti con limitazioni sempre crescenti.

«Nel 2019 ho dovuto ricorrere all'ossigenoterapia H24 e da lì la mia vita è stata letteralmente attaccata a un filo, quel "tubicino" che inserisci nelle narici e che si collega alla bombola dell'ossigeno». A questo stadio l'unica speranza è il trapianto di entrambi i polmoni. Una possibilità che spesso è remota, perché gli organi da trapiantare sono rari e devono rispondere a criteri clinici precisi.

«Nel 2022 sono stata messa in lista per il trapianto bipolmonare e dopo quasi un anno, il 25 novembre 2023 è arrivata la famosa chiamata - racconta Pamela - Allora, via di corsa al Policlinico di Milano e il 26 novembre, dopo undici ore di intervento, sono rinata».

Una rinascita che le ha permesso di appropriarsi di un'ottima qualità di vita: «Seppur con tanta attenzione a non ammalarmi, tanta terapia da prendere e tanta costanza nel fare la riabilitazione, quest'estate sono tornata a camminare in montagna, salendo sul Monte Altissimo, sullo Stivo, e ho potuto nuotare al lago di Caldonazzo».

Alovisi ha riconquistato la prospettiva del lavoro in un ambito affine alla sua occupazione originale, quella di insegnante: «Facevo la maestra alla scuola dell'infanzia, un lavoro che richiede tanto impegno fisico e che non potevo più sostenere. Oggi seguo un tirocinio formativo nel servizio di reclutamento degli insegnanti».

Pamela trasmette una grande gioia e una profonda gratitudine verso le persone che le sono state vicine: «Non posso non ringraziare il mio compagno Daniele che da nove anni mi sta vicino con amore e pazienza, accettando tante rinunce. Lo stesso vale per la mia famiglia, in particolare mia madre. La mia rinascita è stata possibile grazie al lavoro dell'equipe medica del Centro Trapianti di Polmone del Policlinico di Milano e del reparto di Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria dell'Ospedale Civile di Arco. Non voglio dimenticare il sostegno della comunità di Volano, nonché delle associazioni di volontariato di cui faccio parte».

Ma il grazie più grande va alla persona che, perdendo la vita, ha donato i polmoni: «Si trattava di un uomo sulla cinquantina di anni d'età, non so altro di lui - spiega Alovisi - È il mio sconosciuto angelo. Voglio ringraziare la sua famiglia, per aver donato con tanta generosità in un momento molto difficile e duro come la morte, i suoi organi. Da quel 26 novembre 2023 non c'è un giorno in cui io non lo ringrazi».

Pamela Alovisi lancia un appello accorato, quello a prendere in considerazione la donazione degli organi: «Se ne parla troppo poco, ma spero che le testimonianze di chi lo ha vissuto in prima persona possano dare lo spunto per farne capire l'importanza. E così, spero, per permettere ad altre persone di tornare a vivere».

[foto: profilo Fb Pamela Alovisi]

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