Rebecca, la persona transgender a cui i trentini non vogliono affittare la casa: «Lavoro, ho uno stipendio, ma...»
Quando contatta le agenzie, gli appartamenti ci sono. Ma quando si presenta di persona cambiano idea: «Sono venuta da Milano, pensavo Trento fosse una città di inclusione». E alla fine trova, ma a prezzi «milanesi»
TRENTO. Ha quaranta anni, dei quali venti di esperienza nel suo lavoro nel campo della cosmetica. Per amore si è trasferita a Trento, ma qui sono iniziati i problemi per trovare casa. Beninteso: non è che le case manchino in città. Ma quando Rebecca si presentava di persona a firmare i contratti, saltavano fuori mille scuse, e l’accordo saltava. «L’ultima volta, mi hanno detto in faccia: “Lo sappiamo cosa fanno quelle come lei in casa”. Sono allibita. Mi hanno dato della prostituta».
Rebecca, lei è arrivata a Trento da Milano: come mai?
Sono arrivata a Trento da Milano per amore, principalmente. Ho conosciuto un ragazzo trentino quasi un anno fa, e abbiamo deciso negli ultimi tre mesi che io mi sarei trasferita, quindi ho dovuto cercare il lavoro e poi mi sono trasferita qui a Trento, cercando anche casa contestualmente.
Quindi lei ha un lavoro fisso, regolare, una lunga esperienza professionale nel suo settore, ma non trovava casa…
Esatto, non trovavo casa. Io lavoro da quando avevo vent’anni, quindi da 20 anni perché ne ho adesso quaranta. Ho sempre lavorato in profumeria, non ho mai avuto problemi a Milano né nel cambiare lavoro, né nel trovare casa. Quando sono arrivata qui, ho trovato subito lavoro in due settimane, ma non trovavo un’abitazione: ci ho messo tre mesi.
Perché lei andava nelle agenzie, si presentava ai colloqui, era disposta a pagare l’affitto, a fare un contratto, ma…
Ma c’era sempre qualcosa che non andava: poteva essere il mio contratto di lavoro, che essendo indeterminato non andava bene per gli affitti a termine; o magari mi dicevano che non avevo abbastanza capienza…
Ma questo succedeva solo quando la vedevano di persona?
Non tanto, ma quando io mandavo i documenti…
Perché lei ha ancora i documenti che attestano una identità anagrafica maschile…
Sì.
Come mai non ha cambiato il nome sui documenti?
E’ stata una scelta mia personale ben precisa, io ho iniziato vent’anni fa – a diciannove anni – il mio percorso di transizione, non ho mai voluto cambiare i documenti perché non mi sono mai sentita meno in difetto: quello che c’è scritto sui miei documento, cioè il mio nome anagrafico maschile, mi identifica: io sono la persona che sono a dispetto di quello che c’è scritto, e quindi sono molto orgogliosa del mio percorso e di quella che è stata la mia vita da tutto questo tempo.
Anche perché, diciamolo, il cambiamento anagrafico ha degli ostacoli…
Sì, ci vuole una perizia psichiatrica, quindi ci vuole uno psichiatra o una psichiatra che attesti che non ho patologie, e devo avere una perizia dove viene spiegato tutto il mio iter, ma anche una perizia endocrinologica, quindi il medico che mi segue con la somministrazione di ormoni e tutto; un avvocato che ti segua nell’iter del Tribunale, e poi il giudice che ti liberi. Quindi sono un sacco di soldi, assolutamente.
I trentini, secondo lei, sono retrogradi rispetto a queste tematiche?
Per la mia esperienza, sì… non è carino da dire, però sì…
Perché quando vedevano che lei ha documenti maschili, ma è una donna, non volevano più affittarle l’appartamento. Ma per quale motivo?
Beh ci sono state un po’ di scuse. La prima, un’agenzia con la quale la cosa si è ripetuta tre volte, è stato che il mio contratto era indeterminato, quindi facciamo una carta dove dico che lascerò l’appartamento, e con questa storia sono andate avanti due settimane. Poi il secondo mi dice che la casa non glie la possiamo affittare perché il padrone preferisce dei medici gettonisti o degli studenti che poi se ne vanno sicuramente… Vedo poi un altro affitto da questa agenzia, e magicamente l’inquilina attuale decide di rimanere ancora. Un altro affitto della stessa agenzia, il padrone di casa aveva già trovato l’inquilino. Io però faccio chiamare per controllo da una mia amica, da mia sorella e da mia mamma, e a loro vengono fissati gli appuntamenti per firmare subito per due case che a me era stato detto che non ci sono.
Un’altra signora, un privato, mi dice: “ma davvero vuol vedere la casa?” E quando due settimane dopo va il mio fidanzato, gli viene detto “se vuole possiamo fare subito il contratto”. Lì mi è sorto il dubbio che il problema non fosse lo stipendio o il lavoro, ma fossi io.
Poi, l’episodio più sgradevole…
L’ultima agenzia, è stata quella che avuto più coraggio, e che mi ha detto durante questo appuntamento dove c’era anche il mio fidanzato, “lei non è stata onesta”. Io pensavo chissà che cosa, in realtà la disonestà era il fatto che io non avessi detto “piacere sono Rebecca ed ho i documenti non rettificati”, come se dovessi dirlo a tutti quelli che incontro, e mi viene detto “perché noi sappiamo cosa fanno quelle come lei in casa”.
E io ero stupita, perché davvero non capivo cosa avrei fatto in quella casa. E poi il mio fidanzato mi guarda, e capisco: pensava che mi dedicassi a prostituire da lì a breve.
Stereotipi.
Sì. E non è stato facile, perché comunque di fianco avevo il mio fidanzato, e sentirmi dire “io penso che lei faccia la prostituta”… ho pensato: beh, grazie.
E’ andata a finire bene, lei ha trovato casa. Però lei ha trovato casa in un sobborgo, lontano dal centro storico, a un prezzo non proprio economico.
Sì, questa è la realtà di Trento, gli affitti sono davvero difficili. Non solo per me come persona trans, ma in generale, è una realtà dura.
Lei mi diceva che paga come quando viveva in centro a Milano.
Io abitavo vicino a fondazione Prada e pagavo 50 euro in meno di quello che pago qui in periferia. A Trento gli affitti sono terribilmente alti.