Le proposte di chef Paolo Betti per le feste: «I nostri piatti rivisitati in chiave moderna»
No alla cucina “senz’anima”. Il noto chef: «Noto che i cuochi giovani spesso sono stati rovinati dai media, sono alla ricerca di un'identità che ancora non riescono a trovare. Propongono piatti belli, tecnici, esclusivamente all'insegna della modernità, quei piatti da proporre perché "fa figo"»
TRENTO. «La sperimentazione estrema nelle cucine dei ristoranti sta cedendo il passo ad un ritorno alla tradizione, pur giustamente caratterizzata da elementi di modernità». Così Paolo Betti, chef e referente trentino per l'Alleanza Cuochi Slow Food, riflette sulle tendenze della gastronomia contemporanea, segnata da un grande racconto mass-mediatico e dalle figure dei "cuochi star" onnipresenti su televisioni e social.
«Rispetto ad anni recenti, si è fatto qualche passo indietro verso una concezione meno spinta ed estrema della cucina, - riflette lo chef Betti - Si torna verso i piatti "di una volta" anche se rivisitati giustamente in chiave moderna. Si è un po' superata la fase delle ricette talmente sperimentali che non si sa bene che cosa si ha nel piatto».
E che l'alta cucina stesse diventando un po' troppo astratta e concettuale, anche sulla scia di ciò che si vede sugli schermi televisivi, era diventato davvero evidente. Una dinamica che ha penalizzato soprattutto i cuochi giovani, spiega Betti: «Noto che i cuochi giovani spesso sono stati rovinati dai media, sono alla ricerca di un'identità che ancora non riescono a trovare. Propongono piatti belli, tecnici, ma un senz'anima, esclusivamente all'insegna della modernità, quei piatti da proporre perché "fa figo"».
Ma chef Betti è un ardente sostenitore del valore della semplicità: «Oggigiorno ci vuole coraggio per proporre un piatto semplice e umile, che valorizza il territorio e le tradizioni pur guardando al futuro. Molti storcono il naso davanti all'idea di un piatto di gnocchi di patate, ma poi lo mangiano, lo apprezzano e vengono a dirmi: "Mi ha ricordato i piatti che preparava la mia nonna"».
Insomma, nel piatto ci deve finire anche la concretezza delle materie prime: «Questo tipo di piatto non può non rifarsi alla tradizione. Una patata rimane una patata, è difficile trasformarla in un "giro d'aria" di patate», scherza Betti facendo riferimento alla gran moda delle schiume o mousse che per alcuni anni hanno spopolato nelle cucine.
Ed ecco dunque il regalo per i nostri lettori. Due ricette semplici e gustose per un pranzo natalizio da leccarsi i baffi (per chi li ha). «La prima ricetta che propongo è un finger-food che può fare da aperitivo o anche da primo piatto, ispirato in maniera innovativa alla tradizione. Ai lettori suggerisco i canederlotti pressati ai formaggi con cavolo cappuccio marinato nello speck, semplicissimi da preparare. In più hanno la caratteristica di basarsi su ingredienti di recupero, come il pane raffermo e i formaggi che troviamo tipicamente nel frigorifero di casa. La lotta allo spreco del cibo è un principio in cui credo profondamente».
Chef Betti spiega la preparazione: «Si prende il pane secco e lo si mette a bagno nel latte. Nel pane ammorbidito si aggiunge il formaggio che si trova, dopo averlo tagliato a dadini. E non può mancare il prezzemolo. Poi, con l'aiuto di un cucchiaio, si creano dei piccoli canederli delle dimensioni di palline da ping pong». Una volta cotti in acqua bollente, «Li si rosola in padella e vi si aggiunge come contorno il cavolo cappuccio lasciato a marinare nello speck».
La seconda ricetta che lo chef Betti propone è un po'più elaborata, ma alla portata di qualsiasi cuoco amatoriale: «Propongo i kropfen, ravioli tipici della Val dei Mocheni. Serve farina, di cui almeno un quarto farina di segala, latte e olio di oliva. Si crea un impasto che risulta simile a quello dello strudel. Una volta tirato l'impasto, si ottengono dei dischi rotondi usando un bicchiere. Poi è il momento della farcitura, che prepariamo usando la verza, i porri, la patata lessa schiacciata, del parmigiano. Con un cucchiaio si posiziona il ripieno sopra il disco di impasto e si chiude. Cotti in acqua salata bollente, possono essere conditi con una fonduta di formaggi, magari usando il Casolet del Caseificio turnario di Peio, una realtà straordinaria che resiste, l'unico in Italia».
Non può mancare l'accompagnamento di un buon vino: «Ai canederlotti abbinerei il classico Trentodoc che si usa a tutto pasto, mentre con i kropfen accompagnerei del Rebo, un vino un po'dimenticato che ha fatto la storia della vinificazione in Trentino». E così, buon appetito e buone feste!