Sport / Giustizia

Caso Pantani, ecco perché la procura di Trento chiede di acquisire vecchi fascicoli

Sentite dodici persone nell'inchiesta della pm Patrizia Foiera: l'ipote, titolare del fascicolosi di reato è «associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista»

TRENTO La Procura indaga su mafia e scommesse al Giro del 1999
ANNIVERSARIO Vent'anni fa moriva Pantani
TRAGEDIA Il campione trovato senza vita il 17 febbraio 2004

di Francesca Cristoforetti

TRENTONuovi sviluppi sul caso Pantani. La procura di Trento ha chiesto di acquisire documentazioni e fascicoli (di altre procure) che nel tempo hanno indagato sulla vicenda. Questo quanto emerge nelle ultime ore, come confermato anche dagli avvocati dei famigliari dell'ex campione di ciclismo, Fiorenzo e Alberto Alessi.

«Esiste un filo resistente tra Madonna di Campiglio e la morte di Pantani - hanno dichiarato - La procura di Trento sta svolgendo un lavoro meticoloso e non semplice». Nell'inchiesta della pm, titolare del fascicolo Patrizia Foiera, l'ipotesi di reato è «associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista».

Al momento non risultano esserci indagati, ma la procura sembra aver già ascoltato dodici persone informate sui fatti. Ad essere richiesti dalla magistratura trentina anche gli atti contenenti le dichiarazioni rilasciate ai carabinieri dall'ex capo clan camorristico di Mondragone, diventato poi collaboratore di giustizia, secondo cui «se Pantani vinceva il Giro avrebbe buttato in mezzo alla via quelli che gestivano le scommesse».

«La procura - hanno proseguito gli avvocati - sta valutando il lavoro svolto finora e pone in atto iniziative per individuare possibili soggetti coinvolti. È positivo cercare di ripercorrere la vicenda. Esiste un filo ancora resistente tra Madonna di Campiglio e la morte di Pantani. Quella della pm è un'operazione particolarmente difficile perché c'è la volontà di voler capire fino in fondo quanto accaduto a partire da quella maledetta mattina nella frazione di Pinzolo. Da quel momento per Marco è iniziata la caduta e lui lo ha sempre detto sin dal primo istante: "Mi hanno fregato". In questo momento è meglio lasciare spazio a un rispettoso silenzio e lasciar lavorare chi si sta impegnando in maniera scrupolosa e compiuta».

Era il 1999, quando a sole due tappe dal termine del Giro d'Italia, la carriera del Pirata fu interrotta. La mattina del 5 giugno il campione, tra i favoriti di quell'edizione, risultò positivo ai controlli anti-doping. Da qui il sospetto della «manipolazione» della camorra. Il caso è stato riaperto soltanto lo scorso anno per fare luce anche sulle circostanze della sua morte avvenuta nel residence «Le Rose» a Rimini, il 14 febbraio del 2004.

Tra gli ultimi elementi emersi di recente, secondo quanto riferito da due testimoni, all'epoca della polizia scientifica, venne data la disposizione di attendere il via libera prima di fare filmati e rilievi nella stanza in cui si trovava il corpo del ciclista e furono invitati ad aspettare fuori. Una direttiva «incoerente» visto che loro sarebbero dovuti essere i primi ad entrare.

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