Migranti / Emergenza

«A Trento in pieno inverno un centinaio di richiedenti asilo costretti a dormire all’aperto»

Interrogazione della consigliera provinciale Lucia Coppola (Avs): «Una situazione inaccettabile, causata anche dalla scelta della giunta Fugatti di smantellare l'accoglienza diffusa in piccoli gruppi nei vari comuni e di accentrare invece tutto nel capoluogo»
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TRENTO - «Oggi a Trento ci sono un centinaio di persone richiedenti asilo, in lista di attesa, che dormono all’aperto». La denuncia arriva dalla consigliera provinciale di Alleanza Verdi e Sinistra Lucia Coppola.

L'esponente storica dei verdi trentini ricorda in una nota stampa, ricevuta oggi pomeriggio dall'Adige, che l’assessore comunale Alberto Pedrotti ha fornito i dati sull’accoglienza legata all'emergenza freddo in città e osserva che «se da un lato vi è la buona notizia che non ci sono senza fissa dimora privi di un riparo per la notte, per i richiedenti asilo viceversa la situazione è inaccettabile e costringe delle persone già in grande difficoltà a vivere una vita non dignitosa».

Coppola sottolinea che tutti dovrebbero avere un riparo per la notte, cento persone costrette a dormire all’aperto sono un numero enorme per il nostro capoluogo.

«Tutto ciò - prosegue - è anche frutto della sciagurata scelta della politica provinciale di accentrare l’accoglienza a Trento città, smantellando l’accoglienza diffusa.

Non solo. Sono stati ridotti progressivamente i posti letto disponibili e tagliato servizi essenziali quali le scuole di italiano, il supporto psicologico e legale, i percorsi di inclusione socio-lavorativa e tagliando anche posti di lavoro a professionisti che operavano per facilitare l’inclusione delle persone migranti nella nostra realtà provinciale.

L’accentramento nel capoluogo, in centri di accoglienza straordinaria, ha favorito nella popolazione il malcontento e l’aumento delle percezione della scarsa sicurezza in città. Ma la politica del presidente della Provincia è chiara: questo trattamento deve fungere da deterrente per l’arrivo di altri richiedenti asilo.

Persone non volute ma perfette da sfruttare con lavori saltuari e sottopagati, che ben pochi trentini accetterebbero di svolgere.

Oggi, per avallare l’impossibilità di riaprire l’accoglienza diffusa, si sostiene che nei piccoli comuni ci siano stati dei problemi e che i sindaci non sono più disponibili.

Anche se a mia espressa interrogazione con la quale chiedevo in quali Comuni trentini si sono verificati dei problemi coi richiedenti protezione internazionale, da chi sono stati segnalati questi problemi e in che modo (lettera, denuncia, segnalazione, petizione o altro) non ho mai avuto risposta.

In realtà la fine dell’accoglienza diffusa ha determinato per molti migranti, uomini e donne (alcune erano protette in quanto vittime di tratta), la fine di un progetto di vita e lavorativo, la perdita della casa e a causa di ciò molti sono finiti in strada, sotto i ponti (situazione precedentemente poco frequente per i rifugiati) e vittime in molti casi della malavita organizzata, in particolare nel capoluogo».

Sulla scorta di queste osservazioni, Coppola ha presentato un'interrogazione al presidente della Provincia per sapere «se sia a conoscenza che circa cento richiedenti asilo, quelli che non possono accedere ai dormitori per direttiva provinciale, sono privi di un riparo per la notte; come si ritenga intervenire per trovare un riparo per queste persone; se non ritenga il caso di ripristinare l'accoglienza diffusa con piccoli gruppi/ famiglie accolti nei comuni del Trentino».

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