Animali / La storia

Gli animalisti: abbiamo cercato di salvare Sheila, ma il proprietario l’ha fatta uccidere

La denuncia dell’Associazione Bearsandothers - Animali Liberi: “È successo tutto a Trento e sono in corso le dovute verifiche per accertare eventuali responsabilità penali. La storia di questa povera Labrador solleva interrogativi inquietanti sulla facilità con cui si possono interrompere vite innocenti e richiama l'attenzione sul ruolo dei veterinari”

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TRENTO. “La storia che stiamo per raccontare è di quelle che scuotono le coscienze e mettono in discussione il concetto stesso di umanità, specialmente in una zona considerata un'oasi felice per gli animali come la "Trento green". Protagonista involontaria è Sheila, una labrador anziana la cui esistenza si è conclusa nel modo più tragico possibile”. Inizia così una nota-denuncia dell’Associazione Bearsandothers - Animali Liberi


Tutto è iniziato circa un mese fa, quando diverse segnalazioni hanno attirato l'attenzione su un cane in condizioni preoccupanti, confinato nel giardino di un'abitazione della zona. Le immagini documentavano uno stato di evidente denutrizione dell'animale, costretto a vivere in uno spazio angusto con una cuccia inadeguata e non riscaldata.

Le verifiche sul posto hanno confermato i timori: Sheila, visibilmente denutrita, si muoveva con estrema difficoltà nel suo limitato spazio vitale. Il giardino, diventato la sua prigione, non veniva abbandonato da mesi, "configurando una chiara violazione dell'articolo 727 del codice penale che punisce l'abbandono di animali”.


”I tentativi di mediazione con il proprietario – prosegue l’associazione - finalizzati a ottenere la cessione dell'animale per garantirgli un fine vita dignitoso, si sono infranti contro un muro di indifferenza. La situazione ha preso una piega ancora più drammatica quando, il giorno successivo al sopralluogo, il proprietario ha ottenuto e fatto eseguire l'eutanasia di Sheila, senza una reale giustificazione medica”.


E ancora: “Questo episodio solleva interrogativi inquietanti sulla facilità con cui si possono interrompere vite innocenti e richiama l'attenzione sul ruolo dei veterinari, il cui codice deontologico stabilisce precise condizioni per praticare l'eutanasia. Il caso di Sheila non è isolato: sempre più spesso emergono situazioni analoghe, dove le difficoltà personali dei proprietari si traducono in sentenze di morte per gli animali”.


”Nel 2025, con le numerose alternative disponibili per la gestione degli animali in difficoltà, risulta incomprensibile e inaccettabile ricorrere alla soppressione come soluzione sbrigativa. La magistratura è stata interessata del caso e sono in corso le dovute verifiche per accertare eventuali responsabilità penali. La storia di Sheila ci ricorda quanto sia importante vigilare e intervenire tempestivamente in situazioni di maltrattamento, perché ogni ritardo può significare la differenza tra la vita e la morte per creature indifese che dipendono totalmente dalla nostra umanità”.

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