Giustizia / Il caso

Condannato a un anno per le minacce di morte e centinaia di chiamate e messaggi all'amica

Una vera e propria ossessione quella maturata da un impiegato 34enne trentino: la continua ricerca di lei nel tentativo di far nascere un sentimento, anche attraverso pesanti minacce, insulti e manie di controllo

TRENTO Condannato a sei anni per violenza alla compagna

TRENTO - Un centinaio di messaggi inviati sul cellulare in soli cinque giorni e, attraverso l'applicazione Messenger, 70 chiamate in meno di 24 ore. Era una vera e propria ossessione quella maturata da un impiegato 34enne trentino nei confronti dell'amica: era la continua ricerca di lei nel tentativo di far nascere un sentimento, anche attraverso pesanti minacce, insulti e manie di controllo.

Ma la donna, vittima dell'atteggiamento persecutorio, era appena uscita da un periodo difficile della propria vita e non voleva saperne di iniziare una nuova storia d'amore. 

Il passaggio dall'amicizia allo stalking è stato veloce ed a nulla è valsa la perizia, risalente ad alcuni anni fa, che evidenziava nell'imputato una difficoltà che gli avrebbe impedito di percepire la gravità delle sue azioni: da una nuova valutazione è invece emerso che l'uomo non ha problematicità tali da fare decadere l'accusa. 

Anzi, le condotte a lui addebitate gli sono costate una condanna ad un anno di reclusione, con provvisionale di 18mila euro a favore della parte civile più 2.500 euro di spese di costituzionale. 

La pena decisa dal giudice, in rito abbreviato, è stata più severa di quanto chiesto della procura, ossia sei mesi. L'uomo rimane sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento alla parte offesa e del divieto di avvicinarsi ai luoghi da lei abitualmente frequentati; inoltre non può comunicare con la donna attraverso alcun mezzo (niente cellulare ma neppure la lettera, per fare un esempio). 

Da febbraio a maggio 2023 il comportamento insistente dell'uomo era via via peggiorato. Chiamava l'amica «fallita«, le diceva «Ti conviene venire a letto con me altrimenti ti faccio causa», «Ti metto incinta». Lei, per evitare di vederlo, rimaneva chiusa nel suo appartamento nei fine settimana. Era arrivata al punto di ritrovarsi l'amico sotto casa, attaccato al citofono, e di vederlo più volte nel bar che lei era solita frequentare. 

Con il passare dei giorni erano arrivate anche minacce di morte: «Ti ammazzo», «Vengo lì, e ammazzo tutto il condominio», «Ti mando i marocchini a pestarti di botte». 

Centinaia sono stati i messaggi che le arrivavano sul cellulare, lasciato da lei acceso proprio per documentare ciò che stava subendo: aveva contato un centinaio di messaggi mandati dall'imputato in una manciata di giorni, nonché decine e decine di tentativi di contatto telefonico attraverso Messenger.