Intervista

Monsignor Luigi Bressan e il suo legame con Bergoglio: «Papa Francesco, una dedizione infinita»

L’arcivescovo emerito di Trento ha avuto negli anni del suo incarico molte occasioni di incontrare il Santo Padre:  «Di lui mi ha sempre colpito la grande umanità l’impegno, senza avere alcuna paura ad essere dalla parte dei poveri, degli abbandonati È stato un grande innovatore, sempre fedele a Cristo e al Vangelo»

TRENTO - Papa Francesco, già Jorge Mario Bergoglio, si è spento il Lunedì dell'Angelo. Ma il ricordo è ancora molto vivo e presente in quanti lo hanno conosciuto. Vescovo Emerito Luigi Bressan, cosa l'aveva colpita del Santo Padre?

La grande umanità, la vicinanza ai problemi reali ed il suo impegno, senza avere alcuna paura di esporsi in prima persona anche sui temi più forti, ad essere sempre dalla parte dei poveri, di coloro che sono stati abbandonati. Papa Francesco è stato un grande innovatore, pur restando sempre estremamente fedele al messaggio del Vangelo.

Sembra quasi che Francesco sia stato un Papa che piaceva di più ai laici che non ai cattolici praticanti...

È stato molto apprezzato per i suoi aspetti sociali, per la difesa dei valori della pace, ma la relazione con il Cristo è la base di tutto. Non si concepisce la vita cristiana stando al balcone, ma come attori. Inoltre non ha mai risparmiato alcuna critica all'economia, che non è in grado di regolarsi da sola ma emargina tanta gente.

E questo gli ha creato non pochi contrasti con i potenti della Terra...

Sì ma lui non ha mai avuto paura. D'altra parte Gesù non è accomodante, la religione non si adatta a tutto. Anche di San Francesco adesso si dà una lettura storica più intransigente, meno legata al racconto di dolcezza e amore per gli animali...

Il Santo di Assisi era nato in un ambiente commerciale e la sua è una testimonianza molto forte di contrasto al potere economico. Poi certo, non è che un imprenditore sia da considerare automaticamente un peccatore, il denaro non va disprezzato a prescindere: nella Chiesa c'è spazio per tutti, per chi prega, chi si consacra, e chi agisce. Ora che Papa Bergoglio non c'è più, c'è un senso di sperdimento?

Come è già stato sottolineato più volte, e ricordato in più occasioni, la Chiesa ha retto per più di Duemila anni, è un sistema complesso ma solido.

Quante volte ha incontrato Francesco?

Una decina di volte. La prima ancora a maggio 2013, quando era stato nominato da poco e la Santa Sede aveva organizzato un incontro con i vescovi del Nord Est: ricordo che mi aveva colpito particolarmente la capacità di cogliere le situazioni e comprendere la grande complessità del mondo, confidando nella Grazia del Signore, e anche contando sulla grande preparazione dei Gesuiti. Era stato anche in grado di inserirsi molto bene nella compagine della Santa Sede.

Come ha accolto la notizia della morte, quasi improvvisa, del Papa?

Devo ammettere che mi sono commosso, ho pianto. Era un Pontefice che ha voluto darsi fino all'ultimo, un Papa che ci ha amato tanto, che ha servito l'umanità, che ci ha fatto capire che siamo tutti fratelli amati da Dio, che ha sempre cercato la pace, la concordia tra i popoli.

Gli viene riconosciuta grande attenzione per la natura, l'ambiente…

Altri Pontefici ne hanno discusso, anche Giovanni Paolo II aveva scritto una ventina di testi su questo, ma Francesco è stato il primo che ha dedicato un intero documento (l'enciclica Laudato Si', ndr) dedicato alla natura, alla cura della casa comune. La sua attenzione su questo era sistematica.

Era un Papa che piaceva molto?

C'era un aspetto sociale, che viene spesso messo in evidenza, ma Papa Francesco aveva soprattutto un profondo rapporto con Gesù e cercava di insegnarlo agli altri: in tutto questo c'è una certa corrispondenza con la spiritualità tipica dell'America Latina, dove la Chiesa ha una presenza universale. È anche riuscito, lui figlio di emigranti di origine italiana, a congiungere il mondo europeo con quello latino-americano.

Cosa accadrà adesso?

Sabato sarà il primo giorno dei Novendiali, i nove giorni del suffragio. Intanto stanno convergendo a Roma i 135 cardinali che parteciperanno al Conclave, che si incontreranno in riunione plenaria, con la presentazione di relazioni e incontri. È un momento importante, che segue un protocollo molto preciso e assodato.

Lei ha esperienza di situazioni come queste…

Nel 1978 ho assistito come Segretario di Stato alle procedure che hanno seguito la morte di Paolo VI: a quel tempo avevo dovuto occuparmi del ricevimento delle delegazioni governative, e non sono mancati momenti complicati, come quando per esempio si è trattato di gestire in ordine alfabetico i primi ministri di Andorra e di Francia, che però naturalmente avevano un peso politico diverso: alla fine Andorra è stata chiamata Principato delle Valli di Andorra. Adesso un problema del genere riguarderà i rappresentanti di Israele e Iran, che sono vicini, come nome. Si dovrà vedere anche come accogliere il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, perché gli americani sono fissati con la sicurezza, ma in Vaticano i capi di Stato sono da considerare tutti uguali e viene data priorità alla longevità del mandato.

Si dà per favorito un Papa italiano?

Impossibile dirlo. Per quanto riguarda Wojtyla è stata, per esempio, una grande sorpresa, perché a quel tempo non era tra i favoriti, si pensava che fosse posizionato tra il 10º e il 15º posto. La scelta di Ratzinger, invece, era in un certo senso prevedibile.

Se potesse vedere ancora una volta Papa Francesco, cosa gli direbbe?

Lo ringrazierei profondamente per la dedizione totale con cui si è dato: non si è mai preso un momento libero, in questi dodici anni di Pontificato non ha mai avuto un periodo in vacanza, a parte il martedì che era il giorno dedicato al raccoglimento e al silenzio.

Chi diventerà Papa ha davanti un compito molto difficile…

Davvero nessuno desidera questo incarico. Inoltre le comunicazioni vanno veloci, e il mondo è sempre più complesso.

Tra tutte, è un momento in cui crescono le divergenze religiose con gli Stati Uniti e la Russia?

Negli Stati Uniti c'è una tendenza più conservatrice e più etnocentrica: pensano che la democrazia perfetta è la loro. E questo non è certo il modello di Papa Francesco che mette la fraternità cristiana sopra di tutto. Per quanto riguarda invece la Russia, dopo gli incontri tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill, che è venuto a Trento e che anch'io ho incontrato, la situazione adesso è molto più complicata. Stiamo assistendo ad un'involuzione della società internazionale, non si rispettano più le norme concordate. B. G.