La musica sui tubi salva la gente
Se si parla di folk rock declinato in italiano i Marta sui Tubi sono da anni uno dei gruppi più apprezzati ed amati da tutti coloro che apprezzano il genere. Il gruppo siciliano ma ormai bolognese d'adozione sarà ospite oggi, domenica 21 giugno, ore 21 , della serata finale del Centro Musica Awards in piazza Fiera dove suoneranno proponendo brani originali e cover Davide Battisti, Candirù, Malaga Flo, Mondo Frowno, Soundproof e The Rumpled Folk Band. Una giuria composta da personaggi del mondo discografico e dello spettacolo decreterà il vincitore e assegnerà il premio «Frequenze inedite», riservato alla musica cantautorale, e un riconoscimento al miglior concorrente della sezione «Note Universitarie». Di questo live abbiamo parlato con il cantante Giovanni Gulino on stage con il chitarrista Carmelo Pipitone ed il batterista Ivan Paolini.
Partiamo dal vostro ultimo lavoro, «Salva Gente»: soddisfatti dell'accoglienza ricevuta?
«Il disco è stato un'uscita a metà strada fra il "best of" e una sorta di disco di cover di noi stessi. Molti dei pezzi che abbiamo proposto in "Salva Gente" sono completamente riarrangiati rispetto agli originali, oltre a due inediti. Non eravamo interessati, appunto, a fare la classica raccolta ma puntavamo su un qualcosa di diverso che comunque potesse raccontare e mettere un punto fermo ad un periodo del nostro percorso di musicisti».
La title track del disco vede anche la collaborazione con Franco Battiato: cosa vi ha colpito maggiormente del Maestro?
«Battiato è una persona molto schietta, disponibile, limpida, aperta, una di quelle persone che hai la sensazione non ti possano mai dire una bugia. Penso che questa sua ricerca della verità la si percepisca sia nella sua arte che nelle interviste che rilascia. Quando gli mandammo il provino lui ci scrisse: "Il pezzo è bello ma la linea di basso proprio fa schifo!". Anche se a volte la voglia di verità ti punge, alla fine ti spinge a fare meglio».
Più di dieci anni di Marta sui Tubi: quale bilancio?
«Abbiamo fatto cinque album, uno diverso dall'altro, e questo credo che per una band sia una cosa positiva. Siamo partiti completamente da zero, senza l'appoggio di nessuna casa discografica, partendo dalla nostra voglia di suonare e questo ci ha dato la spinta per arrivare più in alto di quello che pensavamo. Ci siamo ritrovati anche sul palco di Sanremo e questo ci ha permesso di farci sentire, almeno una volta, anche da chi non ci conosceva, dal grande pubblico. Credo che siamo cresciuti, sia come artisti sia come persone. Abbiamo una visione del mondo completamente diversa da allora, siamo persone più rilassate e la musica ci ha migliorati anche come esseri umani. La musica fa bene! Adesso siamo arrivati al punto in cui dobbiamo reinventarci, nel senso che abbiamo voglia di fare il nostro "secondo primo disco" e fare cose che non abbiamo mai fatto. Ci proveremo per il nostro prossimo lavoro che dovrebbe essere pronto nel 2016».
Qual è la vostra forza?
«La dimensione live: abbiamo incominciato a suonare prima di fare dischi e abbiamo un bell'affiatamento on stage. Il pubblico ai nostri concerti ride, piange, si abbraccia e penso che questa sia una cosa bella. Nelle nostre canzoni mescoliamo cantautorato, punk, musica sperimentale, jazz e metal: un bel calderone in cui ci piace spaziare. Siamo una band sempre capace di mettersi in gioco, che ha coraggio anche di fare delle scelte impopolari dal punto di vista artistico».
Quale live proporrete a Trento?
«Sarà un live set molto sanguigno. Saremo in tre sul palco: chitarra, batteria e voce. Suoneremo alcuni pezzi dei nostri primi 5 album in chiave molto diretta e senza fronzoli».
Come vivete il rapporto con il vostro pubblico e con i social?
«Noi siamo una band che è passata dall'analogico al digitale anche dal punto di vista dei rapporto con i fan, Quando abbiamo iniziato c'era Internet ma non questa invasione di social e nel corso del tempo abbiamo imparato a gestire questi strumenti molto interessanti e potenti. Penso sia bello per tutti poter contattare un gruppo direttamente, dialogare e dare un parere agli artisti, superando le barriere di un tempo. L'importante è che anche i giovani gruppi non si illudano che i social e i tweet possano sostituire la realtà del palco».