Il prof, l'università, il viaggio, il velo e il libro Alessandro Agostini e il suo «Arabia Svelata»
Tutto è iniziato per colpa, o per merito, di una email. Finita, tra l'altro, non nella posta in arrivo ma nella cartella dello spam. Alessandro Agostini, informatico di Trento, docente di logica e informatica teorica presso l'Università, nell'aprile 2009 quella cartella antispam l'ha aperta e ha letto quella inaspettata email. Non era pubblicità o un innovativo modo per perdere chili o una bellissima modella che cercava compagnia. Tutt'altro. Il mittente era un noto «head hunter» (cacciatore di teste) e l'oggetto era un'offerta di lavoro. Proviamo a immaginare e sintetizziamo: «Dottor Agostini, vuole venire a insegnare in Arabia Saudita, in un'università con poca storia alle spalle situata in un angolo di deserto sulla Half Moon Bay, la Baia della Mezza Luna?». Il prof trentino attende un giorno, poi risponde e allega il proprio curriculum. Lo richiamano. Accetta. Quella email nello spam diventerà un contratto di due anni in Arabia Saudita. E diventerà un libro, «Arabia Svelata». Un libro che permette di leggere le contraddizioni e di capire le differenze. Ma è anche un libro di viaggio, di scoperta e di storia. Un racconto, un romanzo, per certi versi un'autobiografia, che svela sia l'autore sia un mondo lontano e sostanzialmente sconosciuto.
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«Insegnavo a Trento ma avevo già avuto esperienze all'estero. Non avrei viaggiato solo per lavoro, ma quella possibilità araba ha solleticato la mia curiosità e ha risvegliato il mio amore per i viaggi. Il contesto culturale nel quale sarei andato era nuovo e quasi sconosciuto, ma proprio per questo ancora più stimolante. Così sono partito e sono rimasto lì più di due anni, dal 2009 al 2012. Poi ho iniziato a riordinare i miei diari e appunti di viaggio e nel 2015 ho finito il libro, che adesso ha visto la luce».
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Le donne.
La donna ha un ruolo centrale nel libro. Agostini racconta aneddoti e curiosità, cercando soprattutto di capire. «Non bisogna vedere una differenza come una cosa necessariamente negativa. Detto questo non si può andare in Arabia Saudita senza avere una mentalità aperta». L'autore ha avuto un punto d'osservazione «privilegiato». «Nell'università i docenti maschi insegnano a studenti maschi e le docenti femmine insegnano a studenti femmine. Il campus è diviso in due da una porta in ferro con una piccola area mista. Siccome c'erano poche insegnanti donne ho avuto la fortuna di essere assegnato alle classi di ragazze. Ma le regole erano ferree: non potevo guardare troppo a lungo negli occhi una studentessa, anche se spesso era l'unica parte del corpo scoperta insieme alle mani. E poi non potevo stare solo con una di loro, minimo due: se una ragazza si fosse fermata a chiedere una spiegazione dopo la lezione avrei rischiato l'arresto e la fustigazione. Il reato si chiama khilwa . Amnesty International la considera una violazione ai diritti della libertà. D'altra parte qualche problemino con i diritti umani laggiù lo hanno».
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Il velo.
Il titolo del libro del docente trentino può essere interpretato: quello «svelata» rappresenta un auspicio, un'indicazione, una constatazione? «Il titolo che ho scelto vuole essere evocativo e ogni possibile interpretazione va bene. In un certo senso tolgo il velo all'Arabia perché i libri su quel Paese sono veramente pochissimi. D'altra parte vi si può entrare solo con un visto di lavoro. Per quanto riguarda il riferimento al velo, bisogna distinguere e per farlo bisogna provare a capire senza pregiudizi. Tutte usano lo hijab , un normale foulard che copre capelli e collo. Circa la metà usa il niquab , che non è il burqa , anche se lascia scoperti gli occhi. Il Corano dà un'indicazione, poi c'è una scelta individuale, anche se il fatto che ci siano delle costrizioni è evidente».
La preghiera.
Dicevamo della mentalità aperta: Agostini, in quegli anni sauditi, ha dovuto capire e adattarsi a un nuovo stile di vita. «Per cinque volte al giorno, dagli altoparlanti del minareto, viene diffuso il richiamo alla preghiera. Che tu stia tenendo una lezione, facendo la spesa o mangiando in un ristorante, nell'arco di pochi secondi ti ritrovi solo: tutti vanno alla moschea più vicina e per una ventina di minuti pregano. Nei locali o nei supermercati ti chiudono all'interno, abbassando le serrande e spegnendo le luci, lasciando solo delle candele».
I giovani.
«In Arabia Saudita i giovani sono più avanti delle istituzioni. In quanto italiano gli argomenti di conversazione per i ragazzi sono quelli internazionali: la Ferrari, l'Inter, il Milan, la Juve. E molto tifano per la nostra nazionale, non avendone una loro. Le ragazze sono interessate alla moda e al design. Devo dire che le studentesse sono molto più propense allo studio rispetto ai colleghi maschi, hanno grandi motivazioni e desiderio di emergere. Imparano più velocemente e sono mediamente più "sul pezzo"». Velo o non velo, insomma, tutto il mondo è paese, ahinoi uomini.
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La vita.
Le lezioni, l'università, la vita al campus, ma poi la sera o nei weekend, cosa si fa in Arabia Saudita? Si invita un collega per una birra e una pizza? «Birra e pizza con il salamino? Assolutamente no. Però c'era da fare ugualmente. Per andare a bere una birra bisognava andare in Bahrain, ma con la benzina che costa nove cent al litro - un pieno della macchina mi costava sugli otto euro - gli spostamenti e i viaggi non erano un problema. Un'altra soluzione per la vita sociale erano i compound , delle aree residenziali destinate agli stranieri e controllate dall'esercito, visti gli attentati terroristici avvenuti in passato. Qui si organizzavano degli incontri, degli happy hour durante i quali ognuno portava qualcosa. E lì era consentita una sorta di birra fatta in casa. Nei fine settimana, poi, facevo con altri colleghi o da solo delle gite nel deserto: centinaia di chilometri in autostrada, ma ne valeva la pena, perché dei cieli stellati come quelli non si vedono tutti i giorni...».
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Il viaggio.
Il prof Agostini con le mani in mano non riesce proprio a starci. Ecco perché, dopo pochi mesi in Medio Oriente cerca un mezzo di trasporto. «Nel weekend, che lì è il giovedì e il venerdì, spesso andavo nei mercati delle macchine, dove si svolgevano sempre delle aste pubbliche di automobili. Alla fine ho comprato una Toyota Land-Cruiser fzj80 usata, un'auto con un motore prodigioso, che ho sfruttato per tanti viaggi nel deserto e poi per tornare in Italia. Il ritorno rappresenta la seconda parte del mio libro, un'avventura attraverso dune e storia, autostrade a quattro corsie nel nulla e piazze dove vengono tagliate le teste. La targa saudita mi ha creato non pochi problemi, visto che in quell'area i rapporti tra stati non sono propriamente di buon vicinato, e le tante guerre, dalla Siria all'Iran, mi hanno costretto a cambiare itinerari. Ma è stata un'avventura unica».
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Il Trentino.
Il sottotitolo del libro è «... e ritorno a casa»: non c'è tristezza nell'essere tornato? «John, un americano manager in un'azienda petrolifera, conosciuto lì, diceva sempre "Qui o ci stai per sempre o ci stai un paio d'anni". Lui è ancora in Arabia, io sono rientrato nel mio maso a Predazzo dopo un paio di anni...».
La presentazione.
Ore 18.30, via Gorizia, bar The Social Stone: Alessandro Agostini svelerà per la prima volta ad amici e pubblico il proprio libro, disponibile da qualche giorno su Amazon.it e prossimamente presso la Libreria Viaggeria in via S. Vigilio. Il libro sarà anche a disposizione di chi volesse acquistarlo. Una data, quella dell'8 marzo, scelta non a caso, visto che in «Arabia Svelata» le donne recitano un ruolo molto importante e un luogo, il The Social Stone, scelto non a caso, visto che si trova nel cuore della Bolghera, quartiere molto caro al professore scrittore (ma anche allenatore di pallavolo), e visto che si tratta non solo di un semplice locale, ma di un punto di incontro sia comunitario sia culturale. Alessandro Agostini racconterà il proprio libro con alcune letture di Ester D'Amato e proporrà una serie di fotografie del viaggio.
«Arabia Svelata» è il primo lavoro di Agostini, ma potrebbe non essere l'ultimo: nel cassetto, infatti, ci sono già diari di viaggio e appunti per altre pubblicazioni. Nel frattempo il docente, laureato a Milano nel 1992, si dedicherà all'insegnamento, anche se qualche altro «viaggio di lavoro», dopo Arabia Saudita ma anche Scozia e India, non è escluso.
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