Storia e arte ai tempi di Cesare Battisti
La luce fioca accoglie i visitatori all’inizio della mostra dedicata al Centenario della morte di Cesare Battisti al Castello del Buonconsiglio. C’è un senso di cupezza, aumentato dall’enorme busto bronzeo dell’imperatore Francesco Giuseppe. Del resto, stiamo parlando di una tragedia europea, nel contesto del grande dramma della Guerra e il senso del tunnel buio imboccato dalle Nazioni europee non può essere sottaciuto.
La mostra Tempi della storia, tempi dell’arte. Cesare Battisti tra Vienna e Roma, aperta fino al 6 novembre, ha il grande pregio di tenersi in equilibrio in una moderna e serena rilettura storica di quei tempi, di quelli che li hanno preparati e degli sviluppi successivi. In fondo Battisti è una delle tante tragedie che hanno costellato il dramma europeo. Ma al tempo stesso ne è l’esempio preclaro con la sua complessità, con le sue peculiarità, con la sua idea di socialismo non sempre capita e con la sua idea di Patria e di Nazione non immediatamente comprensibile a chi non conosce le battaglie per l’autonomia prima da quell’Impero imploso da solo cento anni fa e poi da quell’Italia complicata, nazionalista e fascista dopo.
Laura Dal Prà, curatrice della mostra e direttrice del Castello Del Buonconsiglio ha spiegato il senso dell’esposizione, lo sviluppo culturale, il ruolo di Cesare Battisti all’interno di un percorso storico e in un contesto culturale e artistico che produsse notevoli opere, anche legate alla vicenda battistiana. Dal Prà ha ricordato che molti associano Cesare Battisti alla sua tragica fine nella Fossa dei Martiri del Castello del Buonconsiglio, il 12 luglio 1916, ma la mostra attraverso una selezione di preziose opere d’arte dell’epoca e di rare testimonianze storiche, vuole illustrare a tutti una personalità di grande spessore umano e culturale. Significativa la frase di Dal Prà: «No alla banalizzazione di Battisti, tra traditore e non traditore. Serve un esame oggettivo e complessivo della vicenda». Dal Prà ha avuto il supporto di un comitato scientifico di storici di alto livello, come lo storico Paolo Pombeni che all'inaugurazione le è stato a fianco per tutto il tempo, quasi a dare il senso di un lavoro collettivo. In definitiva, anche lui orgoglioso di vedere il risultato di un lavoro che va osservato, meditato, con la giusta distanza, ma capendo le passioni, i dolori, i drammi di quei momenti.
La mostra è divisa in diverse sezioni, su più piani all’interno del Castello, passando dalla vivace situazione culturale del Trentino nel contesto austro-ungarico prima del 1914, con dipinti di Giovanni Segantini, Eugenio Prati, Bartolomeo Bezzi, Alcide Davide Campestrini, Umberto Moggioli, ma anche Franz von Defregger, Albin Egger-Lienz. Poi, via via, le altre sezioni: dal rientro a Trento all’impegno come geografo, fino alle sue battaglie interventiste. Esposti anche cimeli di vita quotidiana, come il menù (invero non sontuoso) offertogli a Milano dopo una conferenza. Poi, ancora: i profughi di Katzenau, e, in parallelo, le opere di Depero, di Balla, di Bonazza, ma anche di Kriegsmaler, Alfons Walde, Albin Egger-Lienz o Hans Bertle, quest’ultimo testimone della cattura di Battisti sul Monte Corno. E, ancora, belle tele di Beltrame e altri artisti partecipi delle battaglie sui monti.
Alla creazione del mito di Battisti è infine dedicata l’ultima parte. E alla fine si esce convinti che comunque, la prima scommessa, quella di trovare un giusto equilibrio storico, gli ideatori della mostra, l’hanno già trovato. Ora spetta ai trentini visitarla, per riappropriarsi anche della propria storia. E ai turisti che arriveranno per capire la complessità, ma anche la grande forza di Battisti e del suo Trentino.