Bunna festeggia i Rebel Rootz Notte reggae 3 marzo a Gardolo
Ci sono poche figure come quella di Bunna capaci di segnare la storia del reggae in Italia. Vitale Bonino da Pinerolo, in arte Bunna, con gli Africa Unite ha scritto pagine fondamentali dei ritmi in levare d'ispirazione giamaicana. Insieme a Francesco Caudullo aka Madaski ha creato gli Africa Unite e ancora oggi tiene viva la bandiera del reggae tricolore. Proprio Bunna sarà l'ospite d'onore, il 3 marzo al Palasport di Gardolo , del concertone dei Rebel Rootz, che presenteranno il loro nuovo album in una serata che si annuncia ricca di sorprese e tanti ospiti.
Bunna, come è stato coinvolto nella "festa" dei Rebel Rootz?
Da anni conosco una loro amica, Marcella Ziosi, che tiene viva la scena reggae nella vostra terra sotto la sigla di Bomborasklat. È stata lei a parlarmi dei Rebel Rootz e, a suo tempo, a farmi ascoltare dei loro pezzi che ho apprezzato. Quando i Rebel mi hanno chiesto se avevo voglia di partecipare al loro concerto ho accettato subito con entusiasmo. In questa occasiome ufficialmente dovrei fare un dj set, questa è la "mansione" principale, poi magari ci potrebbero essere delle sorprese perché l'intenzione c'è, ma non voglio rivelare troppo. Qualcosa comunque succederà.
Cosa pensa della band trentina considerata fra le migliori nuove leve del reggae tricolore?
Li trovo molto interessanti: i Rebel sono molto motivati, determinati e questo è fondamentale per poter andare avanti oggi, per farsi strada. Credo che questi ragazzi di Trento abbiano tutte le carte in regola per conquistare gli appassionati di musica reggae ma non solo perché sanno contaminare il loro sound.
Se dovesse dare loro un consiglio, così come alle band emergenti di ogni genere, cosa direbbe?
In realtà i tempi sono molto difficili. Purtroppo in questo periodo ho come la percezione che la musica stia perdendo importanza e valore. Molti degli artisti che riescono ad emergere e che ottengono anche dei buoni consensi, sono più bravi ed interessati alla parte social e comunicare in questo modo con il loro pubblico, che a creare della musica di qualità. Ma se qualcuno vuole fare della buona musica, anche se è complicato, la strada da seguire è quella di suonare il più possibile, di fare dei live, che sono fondamentali. Ti parlo così per quella che è la nostra esperienza, di Africa Unite, il nostro modo di farci conoscere, che è stato fin da subito e da sempre quello di suonare tanto. I risultati che ottieni in questo modo sono magari più lenti ad arrivare ma sono anche più solidi e duraturi.
Veniamo agli Africa Unite. Il vostro ultimo album è targato 2015. Questo sarà l'anno buono per il ritorno discografico?
L'intenzione è di far uscire qualcosa della fine del 2018, su cui stiamo già lavorando, nel frattempo stiamo portando in giro nei teatri uno spettacolo, sempre improntato sul repertorio degli Africa ma riletto in un modo particolare, con un quintetto d'archi e un corpo di ballo di danza moderna.
Ma ha ancora senso uscire con un album fisico?
Essendo della generazione del vinile, lo apprezzo ancora e se c'è un gruppo che mi piace particolarmente mi piace avere l'oggetto fisico. È chiaro che alla luce di ciò che c'è intorno ad oggi perde importanza, anche noi infatti abbiamo messo in free download il nostro disco del 2015, chiaramente ai concerti poi vendiamo il supporto fisico, un incentivo per chi viene a vederci e lo vuole acquistare. È tutto virtuale ormai, nel 2018 sembra quasi superato persino scaricare la musica perché è tutto in streaming. Bisogna trovare le modalità giuste per i tempi che cambiano.
Le pesa essere una vera e propria leggenda della musica reggae italiana?
Ho sempre vissuto con molta semplicità la mia dimensione di musicista. Al di là di quello che gli altri pensano di me, ho una concezione di me stesso molto basic, tranquilla, non sono né più né meno di nessun altro. Ho fatto le mie cose in un determinato periodo storico, in cui era tutto più facile da un certo punto di vista, il pubblico era diverso ed aveva un'attenzione e una curiosità differente per i generi che uscivano. Ora siamo sommersi da molte, troppe realtà ed anche il pubblico ha cambiato modo di vivere la musica.