Ferilli e Castellitto: al cinema i burini italiani "ricchi di fantasia"
Nel segno della commedia all’italiana si inserisce "Ricchi di fantasia" di Francesco Micciché (in sala da giovedì 27 settembre), con Sabrina Ferilli e Sergio Castellitto nel ruolo di due amanti in ristrettezze economiche che pensano di aver vinto tre milioni alla lotteria. Ma questa vincita si rivelerà uno scherzo che cambierà la loro vita e quella dei rispettivi familiari.
Cosa vi ha colpito di questo spensierato romanzo popolare?
Castellitto: Ho colto la possibilità di fare un bel omaggio alla commedia all’italiana del passato, e ho avuto anche la conferma che gli italiani non cambiano, si adattano. E cosa c’è di più divertente che raccontare gli sfigati? Noi siamo un cinema di burini, nel senso più alto della parola. La grande generazione che ci ha preceduti raccontava un cinema e un mondo da ricostruire, a noi è capitato un cinema al tempo della crisi. Oggi siamo ossessionati dal denaro, in passato la povertà aveva una sua dignità che ora non ha più. Oggi siamo rancorosi verso i ricchi. Ciò nonostante, il nostro compito di attori, di saltimbanchi è quello di farci sorridere e consolarci, in qualche modo. I nostri personaggi sono due attori: entrambi facciamo finta di essere quello che non siamo.
Ferilli: Io questa cosa del “cinema dei burini” non riesco a capirla. Poi, a me, me trovano in prima linea. Guardate che è un “complimento” (ride). È chiaro che il racconto dei nostri personaggi, non ha la crudezza di “Polvere di Stelle” con Sordi e la Vitti, i nostri potremmo incontrarli ovunque. Sono eterni. Hanno un legame con le rispettive famiglie che si odiano ma non si lasceranno mai e questo è molto credibile. Da noi vige l’arte dell’arrangiarsi. Non hanno un linguaggio da commedia degli ultimi anni, perché sono paradossali e hanno una loro freschezza. Quello che mi è piaciuto di più è che questo è un film naif.
Sabrina, tra lei e Castellitto si nota subito una complicità rara. Cosa vi accomuna di più?
Siamo due rompiscatole. Abbiamo un’affinità caratteriale che ci lega. Non avevamo mai lavorato insieme, ma dopo pochi minuti c’era la sensazione di aver sempre recitato insieme. Concepiamo la professione nella stessa maniera.
Quindi, in che modo?
Ferilli: Noi abbiamo una preparazione che ci porta a lavorare in sottrazione, togliendo il più possibile. C’è l’umiltà nell’ interpretare un personaggio, che credo sia l’unico modo per salvarsi dai cliché. Sentivo che Sergio aveva quello che io ho molto spesso: un grande pudore e l’umiltà di mettersi come uno qualsiasi di fronte a un determinato personaggio. Io non cerco mai di forzare l’interpretazione, di fare la Ferilli che recita quel ruolo e così anche Sergio. Questa è una caratteristica che hanno pochi attori.
Castellitto: È il fattore umano che ha nutrito il nostro talento in scena – conclude Castellitto – Il successo ti porta libertà, puoi scegliere con chi lavorare e non avere filtri.