La "vera" Biancaneve non fu baciata dal principe
Una baronessa, vessata da una matrigna, che però non fu mai baciata da un principe azzurro: non è affatto una favola la storia che ha ispirato «Biancaneve e i sette nani».
I fratelli Grimm si sarebbero ispirati a una donna realmente esistita. A mettere sotto i riflettori la storia e il potere ispiratore della baronessa Maria Sophia von Erthal è la sua lapide che è stata restaurata e appena esposta nel museo diocesano di Bamberga, nel sud della Germania.
La sfortunata nobildonna visse in un castello a Lohr am Main, circa cento chilometri a ovest di Bamberga, nel nord della Baviera, e morì nel 1796, ha ricordato alla Bbc il direttore del museo, Holger Kempkens.
La sua storia era «ben nota all’inizio del XIX secolo», ha detto il direttore del museo riferendosi al periodo in cui, nel 1812, Jacob e Wilhelm Grimm pubblicarono la prima edizione della favola di “Schneewittchen” (Biancaneve), assurta a notorietà planetaria assieme ai sette nani con il cartone animato di Walt Disney del 1937.
I fratelli Grimm scrivevano ispirandosi a storie ascoltate da “gente del posto”, ha ricordato Kempkens sottolineando che vissero a lungo a soli 50 km dal castello di Lohr am Main.
Già negli anni Ottanta uno storico locale, Karlheinz Bartels, aveva condotto ricerche su “parallelismi” fra la vita di Sophia e la figura di Biancaneve.
Le analogie ispiratrici sono varie: fra l’altro il padre, vedovo, si era risposato con una donna autoritaria che prediligeva i propri figli naturali, creando la figura della regina-matrigna.
Lohr inoltre era un centro famoso per la produzione di specchi (da qui probabilmente quello «delle mie brame») e il genitore della baronessa possedeva una fabbrica.
Le figure dei sette nani avrebbero tratto ispirazione dagli uomini di piccola statura (e anche dai bambini) che venivano impiegati in una vicina miniera e che erano selezionati perchè più adatti a entrare nei suoi bassi cunicoli.
Nella storia della baronessa mancano invece altri elementi della fiaba. In particolare la bara di cristallo, la mela avvelenata e soprattutto il principe azzurro: Sophia divenne cieca da giovane e morì nubile in un convento a 71 anni.
La sua lapide era stata tenuta in una chiesa di Bamberga e poi in un ospedale finanziato da suo fratello. Al momento della ristrutturazione del nosocomio, era passata negli anni Settanta a una famiglia che l’ha donata al museo.