Simone Cristicchi ad Andalo «Il mondo cambi direzione»
Lo chiederemo agli alberi, come restare immobili, fra temporali e fulmini, invincibili»: attacca così Simone Cristicchi in uno dei due inediti inseriti nella sua prima raccolta di successi, Abbi cura di me, uscita nel 2019 e portata in tournée in tutta Italia. Un testo quasi profetico se si pensa ai danni provocati nelle nostre vallate della tempesta Vaia e quantomai attuale in riferimento all’ecatombe forestale in Amazzonia.
L’ispirazione per scrivere questa canzone Cristicchi l’ha trovata un anno fa durante un concerto al rifugio Potzmauer in val di Cembra: una melodia legata profondamente all’ambiente montano locale, quindi, e che verrà riproposta dal cantautore romano nei due appuntamenti che tra pochi giorni lo vedranno protagonista in Trentino. Venerdì 30 agosto alle 21 Cristicchi sarà ad Andalo al palacongressi per il Mountain Future Festival, in un dialogo moderato dal giornalista dell’Adige Fabrizio Franchi con l’antropologo Annibale Salsa e in sottofondo il coro Campanil Bas di Molveno. Il giorno seguente alle 15 a Pieve Tesino, nei prati accanto al Giardino d’Europa (in caso di pioggia al centro polifunzionale alle 17) il poliedrico artista sarà invece ospite di «Lagorai d’Incanto» per la conclusione dell’Agosto Degasperiano.
Più spazio alle parole parlate ad Andalo, concerto acustico con violoncello e pianoforte in Valsugana: il filo conduttore dei due eventi sarà comunque il rapporto con la natura e, soprattutto, la necessità di trattarla con rispetto, nella convinzione che, come spiega lo stesso Cristicchi, «siamo solo minuscoli ospiti sulla Terra» e le catastrofi ambientali sono «specchio dell’essere umano».
Cristicchi, sono molti gli artisti che stanno prendendo posizione in ambito ecologista. Lei come si pone a questo riguardo?
«Usiamo la parola catastrofe solo per descrivere gli eventi naturali, ma il suo etimo è “cambiare direzione”, che è quello che ci serve ora. Siamo come formiche rispetto all’eterna natura, quindi, al di là delle prese di posizione degli artisti - che, badate, sono importanti ma non devono assumere i toni da “io salverò il mondo” - credo che per crimini come quelli dell’Amazzonia e del cambiamento climatico, ai piani alti pochi prendano veramente posizione».
In questi giorni si è discusso molto del beach tour a Plan de Corones di Jovanotti. La montagna è adatta ad ospitare la musica?
«Non ho seguito il dibattito, ma sono convinto che esista un’umanità in grado di rendersi conto e di apprezzare la bellezza che la ospita e che, quindi, fa di tutto per non intaccarla. Ho appena suonato sull’Appennino ligure-piemontese ed è stato bellissimo, tutto è stato ripulito alla perfezione. Dico di più, la natura è la dimensione più giusta per fare musica di un certo tipo, perché innesca dei contatti a livello ancestrale».
Tanto che, nel suo caso, l’ha ispirata sia per l’inedito «Lo chiederemo agli alberi» sia per lo spettacolo teatrale «Manuale di volo per l’uomo»...
«Proprio così. Anche se non sono un cattolico praticante, credo molto nell’aforisma “La lingua di Dio è il silenzio, il suo corpo è la natura”. Trovarmi nel mezzo del libro sapientissimo che è l’ambiente, innalza sempre il mio spirito».
A proposito di spirito, durante il festival «Narrastorie» da lei fondato a Grosseto ha parlato di un mutamento antropologico in atto nell’essere umano. A cosa si riferisce?
«Vedo paura dell’altro, chiusura, troppo impegno nel costruire muri fisici e psicologici, anche nelle realtà più piccole. Si sta diffondendo un’umanità incattivita, peggiorata dalla realtà virtuale, che crea persone sempre più confuse, assillate dalla necessità di comunicare. Anche contro questo cambiamento gli artisti possono prendere posizione: è vero che siamo meno politicizzati rispetto agli anni ’70, ma facciamo comunque politica toccando le corde di chi ci ascolta. Abbiamo un grande potere di influenza. Ovviamente per dire certe cose ci vuole un po’ di credibilità: certi argomenti messi in bocca all’ultimo trapper non hanno senso. Per quanto mi riguarda ho il privilegio di avere un pubblico pensante, fatto di un’umanità in cammino assieme a me».
Come è cambiato Simone Cristicchi rispetto al «Voglio cantare come Biagio Antonacci» del 2005?
«Sono un po’ più responsabile. Nella raccolta “Abbi cura di me” ci sono tutti questi 14 anni di percorso, tenuti assieme dalla volontà di raccontare storie attraverso la musica che può servire come intrattenimento puro ma anche per stimolare riflessioni più profonde. Oggi sento molto di più la responsabilità di trovarmi davanti a un microfono: prima di dire qualsiasi cosa ci penso molto, senza la presunzione di insegnare nulla».
Ha dichiarato che non parteciperà al prossimo Sanremo. A che cosa dedicherà il suo 2020?
«A novembre a L’Aquila debutterà il mio nuovo spettacolo - che è anche documentario - “HappyNext, Alla ricerca della felicità”. Poi partirò in tournée teatrale portando anche le altre due pièce “Esodo” e “Manuale di volo per l’uomo”».
Cosa è per lei la felicità?
«Nella mia vita personale è l’essere riuscito a trasformare una passione in un lavoro, cosa non scontata per i giovani d’oggi. Più in generale credo che la felicità abbia l’andamento di un elettrocardiogramma, con picchi molto alti e generale stabilità e, che ci siano almeno 7 miliardi di diverse felicità. Penso però che sarebbe più opportuno andare alla ricerca della gioia, una parola che non ha contrario e identifica il sentimento che ti permette di essere centrato anche quando le cose non vanno bene».