Amore e terrore in Marocco Youssef Fadel all'Arcadia a Rovereto
È una scrittura musicale quella di Youssef Fadel, eccellente scrittore marocchino che arriva per la prima volta in Italia. Venerdì mattina sarà a Bookcity Milano per poi arrivare in serata, alla Libreria Arcadia di Rovereto alle 20 per presentare il suo nuovo romanzo Ogni volta che prendo il volo, uscito poco tempo per Francesco Brioschi Editore e con il quale ha vinto il Prix du Maroc du Livre.
Fadel è a buon titolo considerato uno dei migliori scrittori nordafricani. Con Fadel dialogherà il libraio Giorgio Gizzi, affiancato dall’interprete dal francese Silvia Turato.
Youssef Fadel è una delle figure più interessanti del panorama culturale nordafricano. Romanziere e drammaturgo, ha vissuto in prima persona gli anni della repressione del regime di re Hassan II, durante i quali è stato detenuto come prigioniero politico a causa dell’opera teatrale «War», una violenta satira della società marocchina all’indomani della guerra del Kippur.
In questo nuovo lavoro, «Ogni volta che prendo il volo», Fadel dà voce ai protagonisti degli anni di piombo marocchini, in un romanzo a più voci. La storia di Aziz, ufficiale dell’esercito marocchino tra gli organizzatori dell’attentato a re Hassan II, si intreccia con quella della sua giovane sposa Zina, del guardiano Baba Ali e del sergente Bengasi per costruire un romanzo corale di profonda sensibilità e accuratezza storica.
Fadel comincia questo libro partendo da un’ennesima sera passata al Bar della Cicogna, dove al bancone si piazza un cliente sconosciuto. Occhiali scuri e “jellaba” - la tradizionale tunica nordafricana - pesante a righe, vestito così sembra proprio non c’entrare niente con quel posto e con la spietata siccità marocchina. O forse sì. Fa scivolare un misterioso bigliettino tra le mani di Zina, la moglie di Aziz, dicendo di sapere dove si trova il marito. Aziz. Il bell’Aziz in divisa da ufficiale, il pilota che l’ha sposata per poi sparire nel nulla la prima notte di nozze. La notte dell’attentato al re. E sono ormai diciotto anni che Zina lo cerca seguendo piste sbagliate che non hanno mai portato da nessuna parte. E davanti all’ennesimo indizio non ha intenzione di rinunciare al sogno di quell’amore, e al bacio tanto atteso che vuole farsi restituire quando finalmente lo ritroverà. Ma anche animato dalla tenacia di un amore puro, che nemmeno la lontananza e il silenzio sapranno spazzare via.
È un romanzo a più voci ancorato alla realtà verissima e cruda degli anni Settanta marocchini, fatta di colpi di Stato e prigioni segrete, esperienza che Fadel ha vissuto sulla propria pelle, tanto che il romanzo è dedicato, come scrive Fadel, «Ai martiri dei campi di sterminio di Tazmamart, Agdz, Kelaat M’Gouna, Skoura, Moulay Cherif, Courbis, del Complexe e di Dar Moqri. A chi è ancora vivo e a quanti sono morti».
È un romanzo dolce e musicale, fatto di amore, ma anche di terrore vissuto in una società e in una situazione tale per cui la vita umana vale poco per chi detiene il potere.
È un romanzo comunque in cui la lingua, la musicalità che emerge fa capire che siamo davanti a un notevole narratore che sa raccontare il tormento di Zina, come dei parenti dei dissidenti politici, schiacciati dalla barbarie di Re Hassan che Fadel ha subito sulla propria pelle. Eppure, nonostante il terrore e la barbarie denunciata attraverso il romanzo, Fadel è in grado di fare emergere una grande storia d’amore capace di trionfare sull’odio e la violenza più ottusa con un linguaggio ricco di dolcezza.