Lo scultore Bruno Lucchi: #iostoacasa, ma per un artista silenzio e solitudine sono un dono
Bruno Lucchi, grande artista che ha lo studio a Levico, come molti asltri artisti è costretto ad uno stop delle attività pubblihce; ma non allo stop della creazione, di quel processo intellettuale creativo che è la scintilla di tutto. Lo scrive in questa sua riflessione che ha in viato agli amici ed estimatori.
«In questi giorni di #iostoacasa i pensieri si moltiplicano. Cerco di non farmi condizionare da questo scenario particolare: strade vuote, bar e negozi chiusi, parchi e giardini deserti.
Diverse fiere e mostre - che dovevano ospitare delle mie opere: “sospese a data da destinarsi”. Come ogni altra manifestazione in calendario in queste settimane. Le prospettive non sono rosee. Il tempo presente disegna ancora, purtroppo, futuri prossimi incerti. Instabili. Precari. Ma sono sempre stato, e continuerò ad essere, un ottimista: il lavoro è il mio zen.
Nel fare arte la solitudine è propizia alla folgorazione, all’intuizione. Silenzio, isolamento, pazienza, accompagnano - soprattutto all’inizio - quel mare di gesti che permettono all’opera di realizzarsi. Di compiersi E’ il silenzio che genera l’opera. L’arte nella sua genesi è solitaria.
Sul blocco di terra intonso non ci sono punti saldi, riferimenti precisi, ma solo sentieri sconosciuti. Inesplorati.
Una volta abbozzata l’opera, la concentrazione rallenta e - con la compagnia di buona musica - il lavoro immenso, via via procede. Lento ma costante.
La mente si libera, elabora progetti, viaggi, accarezza memorie.
La strana condizione di questi delicati momenti fa riemergere memorie passate. Vissute.
Un pensiero fra i tanti: mai avrei immaginato di diventare artista, scultore.
La vocazione per la creatività è nel mio dna.
Da sempre mi è piaciuto disegnare. L’ho sempre desiderato. L’ho sempre fatto. Dopo il magistero di Belle Arti ad Urbino, diversi lavori prima del servizio di leva.
Il matrimonio, poi una serie di incontri che mi hanno aperto le porte al mondo magico della ceramica, della scultura, dell’arte.
La frequentazione con Candido Fior, uno dei pochi artisti ad aver portato la ceramica alla Biennale di Venezia, e le mostre di due grandi artisti: Giuliano Vangi al Forte Belvedere a Firenze e Luigi Mainolfi a Castel Ivano, sono state il richiamo a questa ostinata avventura artistica. Approccio migliore non poteva esserci. Nessuna scuola o apprendistato prepara alla vita di scultore come il confronto, il dialogo, la curiosità, la passione, la dedizione, lo studio e, ovviamente, le ore di lavoro. Innumerevoli.
Una volta che ci si tuffa nel mondo dell’arte, tutte le attenzioni sono orientate esclusivamente al tuo fare. I tuoi affetti, i tuoi amici restano esclusi, fino a lavoro ultimato.
Il sole lo vedi passare dalla finestra, senza poterlo “toccare”. L’argilla non ama i suoi raggi.
E’ un lavoro che necessita di tempi lenti. La mente, invece, è in movimento, in ricerca.
E’ sempre proiettata in avanti, verso le infinite vie delle idee. Progetta in continuazione, anche di notte.
L’opera che dovrò realizzare il giorno dopo, la sogno, la immagino, la modifico, la memorizzo. Amo la terra, la sua umidità, la sua docilità. Domeniche e festività non esistono. Fermarsi è vietato.
La scultura ha regole precise. E’ come l’architettura. Per stare in piedi, l’opera ha bisogno di un progetto ponderato: solide fondamenta, muri portanti resistenti, vuoti e pieni che diano armonia e nello stesso tempo personalità, stile proprio.
Una volta terminata, l’opera, deve raggiungere livelli di bellezza tali da incantare, calamitare sguardi, provocare meraviglia. Chiede di essere contemplata, accarezzata. Amata. Sì, perché un’opera – quanto è tale - arricchisce le nostre vite.
“In ogni attività la passione toglie gran parte delle difficoltà” scriveva Erasmo da Rotterdam. E’ una frase che va benissimo per il mio biglietto da visita.
L’Arte, in ogni sua forma - Poesia, Pittura, Musica, Architettura, Danza, Teatro e Scultura – aiuta, a volte, a sopportare carichi più o meno pesanti della vita».