Venezia: Salvini in smoking con scarpe lucide e fidanzata per vedere il film di Favino
Scarpe lucide nere, in smoking scuro e in ottima forma fisica: è un Matteo Salvini versione relax e innamorato quello che sbarca al Lido mano nella mano con Francesca Verdini, elegante in completo giacca e pantaloni di velluto nero e tacco 12. Lui ha la mascherina con il leone di San Marco, lei nera in tono con la mise. Ad entrambi misurano la temperatura: è sotto i 37, dunque possono risalire la hall dell'Excelsior. La serata comincia così, fotografi appostati da ore e cronisti pure: Salvini si ferma, risponde e da quel momento si gode il festival di Venezia. "Sono qui per trascorrere tre ore di relax, godermi un bel film, fare contenta Francesca - le cose intelligenti le decide sempre lei - passare una bella serata.
Nessuna manipolazione politica - risponde a distanza a Pierfrancesco Favino, il protagonista di Padrenostro che aveva sottolineato di non averlo invitato e di augurarsi che non sia questo il pretesto per etichettare il film in gara per il Leone d'oro a Venezia 77 'pro poliziotti' - mi aspetto di divertirmi, a me Favino come attore piace molto". Con lo smoking, per quanto sorridente e disponibile ai microfoni, risulta un po' rigido: "Se sto a mio agio? Non tanto, a dire il vero - risponde - è la terza volta in vita mia che indosso uno smoking, l'ho fatto alla Scala e al Quirinale". Prima di arrivare al Lido per Padrenostro Salvini dice di aver fatto una riunione con gli imprenditori di Venezia: "Ne faremo una capitale mondiale della cultura, una capitale del turismo intelligente e di qualità". E' giusto ripartire con il cinema in presenza "come anche con l'arte e lo spettacolo perché, contrariamente a quello che si diceva, con la cultura si mangia".
Favino, racconto i padri di una volta - E' "pura casualità" che Pierfrancesco Favino negli ultimi tempi sia a ricordarci sullo schermo il nostro passato, personaggi storici come Bettino Craxi di Hammamet di Gianni Amelio, il pentito Buscetta del Traditore di Marco Bellocchio o come l'avvocato opportunista degli Anni più belli di Gabriele Muccino, fino al papà eroe di Padrenostro per il quale è alla Mostra del cinema di Venezia, protagonista e coproduttore del film in gara per il Leone d'oro e in sala dal 24 settembre con Vision. La storia diretta da Claudio Noce è ispirata alla vicenda vera del regista, il cui genitore è stato vicequestore responsabile della sezione antiterrorismo di Lazio e Abruzzo, scampato ad un attentato dei Nuclei Armati Proletari il 14 dicembre 1976 e da lì in poi messo sotto scorta. "Questo film è una lettera a mio padre, per dirgli perché ho paura ancora oggi", dice all'ANSA Noce, cresciuto con l'incubo che i terroristi tornassero a finire il lavoro, respirando in famiglia l'aria pesante di quegli anni. Favino è appunto quel padre, Alfonso Noce nella realtà, "nel quale ho riconosciuto anche il mio, quei padri di una volta che non ti abbracciavano, non mostravano sentimenti, non piangevano perché se lo avessero fatto sarebbero stati 'meno maschi' e tu dovevi capirli così', carpirne le emozioni di nascosto". Nel rapporto tra questo padre e il figlio protagonista traumatizzato dall'evento, c'è molto l'affresco della famiglia degli anni '70, quella non ancora cambiata dal femminismo e dalle istanze di parità, quella dei padri che non erano ancora amici dei figli e nascondevano ogni fragilità. Favino ci riesce benissimo, con i suoi gesti fermi, quello sguardo autoritario prima ancora che autorevole che tanti ragazzi di quel tempo hanno conosciuto in casa come modalità anche formativa. "Non ho rancore per quei genitori, era un loro modo di proteggerci", prosegue Noce che ha spiegato "l'emozione fortissima della proiezione privata di Padrenostro a Roma. Mio padre era felice, ha difficoltà a viversi le emozioni, ma io ho capito che lo era".