Musei chiusi, mostre annullate. Campagnolo: "Bisogna pensare a un modello diverso, anche meno caro"
«Serve un cambio di paradigma. Dovremo ripensare le mostre puntando verso prodotti meno costosi e biglietti meno cari. I grandi sponsor privati sono diventati un miraggio, le amministrazioni comunali hanno bilanci deboli. Ed i privati sono costretti ad affrontare rischi economici davvero troppo impegnativi».
Sergio Campagnolo, patron di Studio Esseci, riflette in un’intervista all’Ansa sui contraccolpi registrati dalla rete delle società di comunicazione e promozione degli eventi culturali con la nuova stretta imposta dalle norme anti Covid.
La sua agenzia, fondata a Padova nel 1986 e da tempo inserita in un network europeo di uffici stampa specializzati in arte e turismo, in questa seconda puntata dell’ emergenza ha registrato la chiusura di 19 mostre mentre altri grandi appuntamenti sono slittati alla prossima primavera.
Per il mondo delle mostre d’ arte, riflette, il primo lockdown tutto sommato era passato senza problemi gravissimi. Una serie di grandi mostre erano state chiuse in anticipo e non hanno riaperto, altre sono state prolungate grazie alla generosità e alla disponibilità dei musei prestatori, quelle da inaugurare rinviate a dopo l’ estate. «Le esposizioni aperte a partire da settembre avevano avuto una risposta di pubblico molto alta, come ad esempio Van Gogh a Padova e Chagall a Rovigo. A sentire i colleghi e gli organizzatori, tutto il settore aveva dimostrato effervescenza e vitalità. La nuova chiusura è stata una doccia fredda, diventata presto gelata».
Campagnolo analizza i nodi della crisi ma indica anche le possibili vie d’ uscita e un elemento che, su tutti, merita una attenzione particolare. «Stiamo assistendo a un reale impoverimento della fascia media della popolazione. Un biglietto di una grande mostra non costa poco e le tasche ora sono meno capienti. Il popolo delle mostre finora ha risposto bene ma sarà sempre cosi? Bisogna quindi chiedersi se una politica più contenuta dei prezzi non abbia un senso».
Di certo, con le normative di contenimento, non si potrà contare su scuole e gruppi organizzati. Intanto crescono le possibili alterative a visite a mostre e musei. «Parchi, giardini, ambiente - fa notare - si sono già dimostrati competitor fortemente attrattivi e, spesso, meno costosi. La risposta plebiscitaria alle aperture gratuite dei musei volute dal ministro Franceschini è un segnale importante. In parte sono persone “strappate” alla domenica nei centri commerciali. C’è però da chiedersi cosa resti loro dell’esperienza al museo, dopo queste visite. I musei, oltre ad aprire gratis le porte, si sono effettivamente organizzati per trasformare una passeggiata tra le opere d’arte in una vera esperienza»
C’ è poi il punto dolente dei prestiti. «Per proporre mostre di rilievo - osserva Campagnolo - servono prestiti importanti che oggi, in molti casi, risultano decisamente onerosi. Le grandi mostre riescono a fatica a raggiungere il break even. Un calmieramento non potrebbe che far bene all’intero sistema. Tenendo bene in conto che una mostra, e così pure un museo, non possono essere gestiti solo con il criterio delle entrate e delle uscite specifiche’’. Mostre e musei, e la cultura in generale, incidono fortemente nell’economia complessiva delle città che li ospitano. Sono spesso determinanti per l’immagine di una comunità e di un territorio. Hanno ricadute non solo culturali ma anche economiche che moltiplicano di molte volte il valore del puro bilancio dell’evento».
Potrebbe a questo proposito rendersi necessaria una fiscalità differenziata - sostiene -« così come uno snellimento delle procedure perché i grandi eventi mettono in moto un meccanismo che non è solo biglietti e cataloghi ma riguarda trasporti, ristoranti, soggiorni negli alberghi».
L’ emergenza Covid ha dato quindi la misura di quanto un sistema in atto da decenni mostri ormai limiti evidenti. «Questa prolungata fase di incertezza però - conclude Campagnolo - potrebbe risultare letale. Salvo che con un grande sforzo di ripensamento non si riescano a delineare modelli nuovi che avvicinino all’arte, non solo sporadicamente, nuovi pubblici.
Non credo si tratti di un obiettivo facile. Ma nemmeno impossibile».