Niccolò Fabi chiude venerdì 24 settembre a Campitello di Fassa i Suoni delle Dolomiti
L'intervista al cantautore romano che proporrà un live in trio giocato fra i brani del suo ultimo disco e i suoi maggiori successi
TRENTO. È affidata alla sensibilità musicale di Niccolò Fabi la chiusa dell’edizione 2021 del festival I Suoni delle Dolomiti.
Il cantautore romano sarà venerdì 24 settembre alle 12 in concerto a Campitello di Fassa con il set, riplasmato secondo le forme d'alta quota, che ha portato in giro per l'Italia negli ultimi mesi (In caso di maltempo, il live si terrà alle ore 17.30 al Teatro Navalge di Moena con prenotazione obbligatoria online).
Niccolò Fabi proporrà un viaggio tra i sentimenti muovendosi con totale libertà artistica libero da schemi e generi di appartenenza, mettendo in scena le verità raccontate attraverso le sue canzoni.
Niccolò Fabi, che effetto le fa questo ritorno ai Suoni delle Dolomiti?
Non vorrei sembrare ruffiano ma ho sempre insistito sulla possibilità di poter partecipare ai “Suoni delle Dolomiti” perché da amante della montagna è una dimensione che mi è particolarmente vicina e cara. Mi conforta molto l'atmosfera, quello che le persone cercano quando vanno a fare delle passeggiate in montagna, per questo la scelgo spesso come meta delle mie vacanze, soprattutto d’estate.
Quali forme ha il live set che ha preparato per questa occasione e chi sarà al suo fianco?
Siamo in trio con Roberto Angelini e Pier Cortese. E’ una formazione un po’ ridotta ma non è solo una questione tecnica. Ai Suoni infatti si dà il meglio di sé quando ci sono pochi elementi perché è tutto talmente tanto forte che è bello presentare in quella dimensione uno spettacolo decontestualizzato che normalmente proponiamo su palcoscenici diversi. Se sei seduto per terra, con la luce, a mezzogiorno, il metabolismo chiede altro, non è preparato ai fuochi di artificio.
Un live più diretto.
Sì, trovo sia molto semplice e naturale suonare in questi contesti: sia i musicisti sia il pubblico sono davvero insieme, seduti sullo stesso prato, con una passeggiata che li unisce, un percorso congiunto. Non devi liberarti dallo stress del parcheggio alla fine di una giornata di lavoro ma arrivi già ricettivo e preparato e il concerto inizia già dalla prima nota perché l'atmosfera è subito quella giusta.
C'è qualche canzone che ha “infilato” nella scaletta del suo tour estivo che magari da tempo non eseguiva?
Più che un singolo pezzo è diverso lo spirito di questo live. Mi rendo conto che le stesse canzoni vengono ascoltate oggi in una maniera diversa, quasi per rintracciare in qualcosa di passato la previsione di quello che ancora doveva succedere. In particolare la canzone “Filosofia agricola” è diventata più significativa adesso rispetto a quando l'ho scritta perché alcune parole si adattano perfettamente a uno stato d'animo che non è quello in cui è stata pensata ma che lo racconta bene pur non avendolo vissuto.
Che Italia ha incontrato nel suo viaggio live, che si conclude proprio in Trentino, di questa strana estate?
Ho incontrato tante persone che hanno un gran bisogno di vivere un momento di aggregazione sana sia fisica sia emotiva. Basandomi su questo campione direi che quella che ho visto ai miei concerti è davvero un’Italia meravigliosa ma sappiamo che c’è anche un altro Paese fatto di gente esasperata che sta dando, in questi frangente, il peggio di sé.
Il suo ultimo disco “Tradizione e tradimento” è uscito proprio due anni fa: sta già pensando ad un nuovo album?
Mi auguro di vivere presto un momento ispirato e un'idea artistica che mi appassiona e meriti di essere pubblicata ma l’ispirazione rimane un’esperienza davvero imprevedibile. Credo che il livello di aspettativa che ognuno ha nei propri confronti aumenti col passare del tempo e quindi sia sempre più difficile trovare una chiave ancora non espressa, territori non calpestati, per raccontare qualcosa anche attraverso la musica.