La «Rapsodia blasfema» che diventa danza contemporanea: in scena a Trento
Fra charleston, pizzica, Daft Punk e Iggy Pop martedì 9 al Teatro Sociale con Emio Greco ed Ick Ensemble Amsterdam
TRENTO. Il coreografo italiano Emio Greco e il regista olandes Pieter C. Scholten da più di venticinque anni lavorano insieme ricercando, indefessamente, un nuovo linguaggio di movimento. Il risultato delle loro creatività intrecciate è "Blasphemy Rhapsody" per la loro Ick Ensemble Amsterdam in scena martedì 9 novembre alla 20.30 al Teatro Sociale di Trento, per la rassegna inDanza.21 del Centro S.Chiara.
Partiti dal presupposto che il modo in cui balliamo non sia separato dal modo in cui viviamo nella collettività, Greco, da cui ci siamo fatti raccontare questa "rapsodia blasfema", e Scholten si sono fatti ispirare qui anche da due danze popolari: la pizzica e il charleston.
Emio Greco, da quali presupposti nasce "Rapsodia blasfema"?
"Il punto di partenza è stato quello del sentimento dell'incertezza e della fragilità che caratterizza il nostro tempo, che segna le vite di molti di noi. L'idea è nata prima dello scoppio della pandemia del febbraio del 2020 che non ha fatto altro che accentuare e rendere ancora più attuali certi concetti, fra cui quello dell'isolamento, che esprimiamo in questa coreografia".
Voi dichiarate che la vostra poetica si basa sulla scontro: con quale obiettivo?
"Ci piace l'idea di "clash", scontro appunto, di qualcosa che scaturisce dalla frizione, dal contrasto, dal movimento, dall'incontro fra idee differenti. Lo scontro, l'attrito costruttivo da cui scaturisce energia nuova, mi affascina, dal punto di vista creativo, più di quanto lo faccia l'armonia".
Quell'armonia che, immagino, ci sia con il regista olandese al suo fianco da oltre vent'anni.
"L'armonia c'è nell'amicizia che ci unisce ormai da anni ma in realtà dal punto di vista creativo siamo diversi e contenti di esserlo. Peter ad esempio cerca sempre l'ordine, la precisione, vuole sistemare le cose, trovare soluzioni. Io invece sono molto più "disordinato", se vogliamo caotico. Nonostante questo lavoriamo insieme da anni e ci divertiamo a creare sempre nuove cose”.
Questo spettacolo è stato ispirato da due danze popolari come la pizzica e il charleston: cosa le unisce?
"Sono due danze lontanissime e la nostra “blasfemia” sta appunto anche qui nel contrasto fra due danze che non si possono paragonare o in apparenza intrecciare. E’ il corpo qui a rendere possibile questo incontro fra due forme così diverse della realtà, il corpo diventa quindi un ponte ideale fra due danze accomunate dal concetto di perseveranza, di sottomissione al ritmo, tra gioia e tragedia”.
La parola "blasfemo" è un termine forte: cosa delinea in questo contesto?
“In questo senso la blasfemia non ha nulla a che fare col lato religioso ma con la natura dell'uomo di farsi delle domande. E’ una specie di visione, pensiamo ad esempio a Giordano Bruno che fu messo al rogo per le sue teorie e dichiarazioni su come interpretava l’universo. Grazie a questa sua blasfemia ha precorso i tempi rispetto a quello che sappiamo oggi dell'universo. In questo c'è una sincronicità di contrasti musicali che insieme formano un’unità. Questo caleidoscopio musicale ne crea anche uno fisico che insieme danno forma a questa unicità, un corpo visionario che si sposta da una parte all'altra e che sono tenuti insieme da questo ricercare, domandarsi, da questa forza di essere visionari, cioè da questa blasfemia che di fatto anticipa dei momenti”.
Nella colonna sonora di Blasphemy Rhapsody non ci sono però solo pizzica e charleston.
"Assolutamento no. Ci sono anche i Daft Punk con il battito elettronico di “Punk Around the World” ma anche fra gli altri Iggy Pop, Lou Reed ed Eminem”.
Qual è la via d'uscita che indicate allora in questa coreografia?
"Penso che nell’incertezza di oggi non si debba mai arrendersi, bisogno evitare di cadere nell’immobilità , bisogna darsi da fare. In fondo non importa dove si va, quale sia il punto d'approdo, quello che conta è muoversi, agire, cercare".