In pensione Dino Sommadossi, il bibliotecario visionario e padre di Drodesera e Centrale Fies
Il ragazzo che nel 1978 si batteva per avere una biblioteca in paese è arrivato all’ultimo giorno di lavoro pubblico. E ci racconta un pezzo di storia del Trentino (che per certe cose è tornato indietro)
DRO. La mattina del concorso da bibliotecario, in quel lontano ottobre 1978, Dino Sommadossi è arrivato in ritardo. Ma era scritto nella pietra delle Marocche che quel posto doveva essere suo. Il concorso fu rimandato, lui questa volta si presentò puntuale e lo vinse con sommo stupore di chi il concorso lo aveva indetto. Iniziava così la straordinaria avventura di Sommadossi e della biblioteca di Dro, che a tutti gli effetti, almeno fino ad oggi, è un po’ dire la stessa cosa.
Già, perché proprio in questi giorni Dino appende il segnalibro al chiodo e da domani se ne va in pensione. È l’ultimo giorno di lavoro, dopo 42 anni di idee, progetti, iniziative, manifestazioni inventate, cullate, fatte crescere e diventate - è il caso di «Drodesera» e ora «Centrale Fies» - di richiamo internazionale, con Barbara Boninsegna e un nutrito gruppo di volontari e profesisonisti. Non male per un paese di cinquemila anime come Dro.
«Facevo parte del Comitato di lotta per la creazione della biblioteca a Dro - ricorda Sommadossi - eravamo un gruppo di giovani della sinistra extraparlamentare, oggi si direbbe attivisti. La biblioteca era finanziata ma non apriva. Ci demmo daffare con volantini, manifestazioni, tazebao. Alla fine fu indetto il concorso e mi iscrissi, ma quel mattino mi dimenticai la sveglia... Chissà cosa sarebbe stato della mia vita se non lo avessero rimandato».
Bibliotecario senza una biblioteca. «Ero dipendente comunale ma stipendiato, allora con 350mila lire al mese, dalla Provincia. Negli scantinati del municipio c’erano tremila libri comprati dalla Provincia e spediti a Dro, e uno scatolone pieno di lettere vecchie di anni. Da quell’1 novembre '78 iniziai a riordinare ogni cosa ed è così che la biblioteca aprì i battenti nell’aprile ’79, ospitata in una stanza prima adibita a bar dell’oratorio in via Battisti». In un posto dove non c’era molto la biblioteca divenne subito luogo di incontro e di ritrovo e partirono presto le prime attività: «Laboratori, seminari, teatro, musica, fotografia.
La prima manifestazione prodotta fu "Musica per tutti" a ottobre-novembre '79. L’anno dopo nacque la prima iniziativa strutturata, "Dromesemusica". Idee - ricorda Sommadossi - che prendevano forma grazie a un gruppo di giovani che avevano voglia di fare e creare. Ben presto però, dopo un volantinaggio sulla legge per l’aborto, venimmo “scomunicati” dall’oratorio. Mentre la biblioteca potè restare ancora in quegli spazi, le attività furono sfrattate».
Un’altra circostanza che cambia le cose per sempre. Nell’impossibilità di utilizzare la sala cinema dell’oratorio per gli eventi, Dino e i suoi amici, iniziano a pensare a spazi alternativi. E i migliori che trovano sono quelli delle piazze di Dro. È così che nel 1981 nasce «Drodesera».
«Pensammo di fare qualcosa che ancora non si faceva: il teatro di strada. Nessuno di noi aveva esperienze o conoscenze particolari. Ma tra quel gruppo di amici e utenti della biblioteca c’era un comune denominatore: la voglia di innovazione».
Caratteristica che non si è mai persa e rimane centrale, anche oggi, in quanto si fa a Fies. La biblioteca e l’organizzazione degli eventi crescono assieme fino agli anni ’90, quando - per effetto della riforma provinciale sui trasferimenti - nasce un’associazione culturale che poi diventerà la cooperativa «Il Gaviale», riferimento per tutto quanto è accaduto dopo a Dro, Fies e altrove.
La biblioteca diventa collegamento tra l’organizzatore privato e il Comune sostenitore. «Fu un esempio formidabile di apertura del Comune alla collaborazione con i privati. Apertura non indolore, una battaglia culturale e politica quotidiana, perché al tempo sia destra che sinistra ci accusavano di essere troppo lontani dal popolo, di fare cose elitarie. Non capivano la necessità di innovazione. Ma è così che Dro è diventata centro riconosciuto a livello mondiale e finanziato dall'Europa nella ricerca delle performances teatrali. A Fies, un bene effimero come la cultura ha recuperato uno spazio concreto come la centrale. Un progetto vivo. Un esempio virtuoso di rigenerazione di uno spazio post-industriale ora studiato in Italia e all’estero».
In biblioteca intanto nascono altre iniziative, come la rassegna «Teatro ragazzi» che parte da Dro e coinvolge tutte le scuole del Garda trentino. A metà degli anni Ottanta l’atteso trasloco: libri e scaffali occupano il piano terra del condominio «Garda», il “grattacielo” droato: «Non era male - ricorda Sommadossi - avevamo tre pareti esterne di vetro, eravamo perennemente in mostra, con spazi triplicati rispetto all’oratorio».
Nel 1992 l’ultimo trasloco nella sede attuale, al centro culturale di via Battisti. «Spazi più strutturati, migliorano i servizi differenziati per fascia d’età. Dopo anni in cui battevamo a macchina quattro schedine per ogni libro arriva anche la macchina da scrivere elettrica: una rivoluzione, superata solo dall’avvento, poi, dei computer».
Grazie all’aiuto della compianta maestra Anna Denti, partono i corsi di lingua italiana per stranieri: «In principio la Provincia pagava tutto: gli insegnanti, il pulmino e anche le babysitter che in biblioteca tenevano a bada i (tanti) figli delle donne straniere, nell’angolo morbido creato allo scopo. Oggi quei corsi continuiamo a farli ma a spese nostre».
Sommadossi, ispirandosi ora a New York e ora a Parigi, lancia altre idee: la composizione dei curriculum e l’angolo degli inediti (libri, cd, pubblicazioni). È la sua idea di biblioteca: «Non risolve tutto, ma ti può aiutare a trovare le risposte giuste. Deve essere luogo qualificato e democratico, che permette a tutti di avere il meglio della conoscenza e le stesse possibilità di accesso. Oggi come allora questo deve essere lo spirito di chi opera in una biblioteca».
Spirito che a Dro porta, negli anni, a una serie di anteprime in Trentino: la convenzione con il ministero per il servizio civile (secondi dopo Trento), gli eventi dedicati alla Shoah ancora prima della legge relativa (211 del 2000), i progetti sui diritti dei bambini e l’immigrazione («Homeland»). Sommadossi lascia una biblioteca con 42mila volumi, tre magazzini, 15mila utenti e 18mila prestisti e 4 figure d’organico, ma al momento senza un nuovo bibliotecario: «Mi auguro che le future scelte garantiscano la professionalità. Importante che arrivi un nuovo bibliotecario. Deve esserci. Sembra una banalità, ma potrebbe non accadere». Intanto da domani della biblioteca sarà soltanto utente: «Sono entusiasta, non cambierei nulla del lavoro fatto. Chiaro che sono profondamente legato a queste stanze, la biblioteca quando sono arrivato semplicemente non c’era.
Un “grazie” a collaboratori, obiettori, insegnanti, colleghi di lavoro. Al Comune che non si è tirato indietro e ha sostenuto le nostre idee, anche quando rischiose». Sommadossi continuerà a lavorare «ancora di più» per Fies e forse darà vita a una nuova associazione culturale.
Il regalo per la pensione, d’accordo con i colleghi, lo ha devoluto (da lui raddoppiato) interamente a «Emergency». «Il regalo che invece mi farò io per la pensione? Un mese a New York con la famiglia, appena si potrà». Tornerà con un’altra delle sue idee innovative.