Moby Dick, Melville sbarca al festival "Oriente Occidente"
Domani sera, 2 settembre, nella piazza del Mart a Rovereto la compagnia Teatro dei Venti mette in scena lo spettacolo ispirato al celebre romanzo: su un carro venti marinai percuotono grandi botti di legno, il ritmo scandisce il lavoro dell'equipaggio sul carro che in breve diventa palco e cantiere navale. La parola ai protagonisti
TRENTO. Una piazza vuota respira in attesa. Risuona un rumore ancestrale: su un carro venti marinai percuotono grandi botti di legno. Il ritmo scandisce il lavoro dell'equipaggio sul carro che in breve diventa palco e cantiere navale. Assi, cime, paranchi: i marinai costruiscono Pequod. Sono queste le suggestioni di Moby Dick ispirato al romanzo di Herman Melville, il e proposto dalla Compagnia Teatro dei Venti, domani, nella piazza del Mart per Oriente Occidente (ore 18.30; biglietti già esauriti). A raccontarci Moby Dick, vincitore anche il Premio Ubu 2019 per il migliore allestimento scenico, alcuni dei protagonisti.
Da quali presupposti è nato il vostro Moby Dick?
«Ha preso forma dall'intenzione di costruire uno spettacolo fuori portata, al di là delle nostre potenzialità e capacità sia artistiche che organizzative o economiche. Volevamo creare un terremoto interno alla compagnia, di scuoterla per costruire un presupposto che ci facesse proseguire e andare avanti. Quale testo miglior testo di un'opera epica come Moby Dick per capire il futuro che si apre davanti a noi e comprendere quale cammino è possibile?».
Un classico della letteratura, appunto, che intreccia diversi livelli di lettura: come lo materializzate?
«Lo portiamo in scena tenendo conto della condizione dell'uomo contemporaneo che si dedica all'arte, ai sogni, al mistero, che costruisce, scopre, distrugge. L'ossessione che l'uomo ha verso l'ignoto e il mistero a volte lo fa sconfinare, quindi il pericolo diventa eccessivo a tal punto da distruggerlo. Questa lotta che è presente nell'opera è una lotta insita nell'uomo e probabilmente teniamo molto a questo progetto perchè parla di noi, ha a che fare con l'uomo che si dedica a un mestiere fatto di incognite, di complessità e rischi».
La nave durante lo spettacolo si trasforma in balena.
«La nave che diventa balena è l'opera che viene costruita dall'uomo ossessionato da un desiderio. La creatura che nasce da questa ossessione è un essere che distrugge l'uomo e lo annienta. In questo capovolgimento la creazione che accoglie, la culla che si prende cura diventa tomba che accoglie solo i corpi persi, anche se non sono morti perchè nella nostra visione non sono del tutto persi ma c'è uno sguardo che va all'orizzonte, che va oltre, che in questa fotografia finale lascia pensare a una speranza».
L'attesa della vendetta del capitano Achab è al centro di Moby Dick: con quale tensione la materializzate?
«Achab ha un'ossessione che lo porta a trascinare con sé un gruppo di marinai che, in preda alle loro paure, inquietudini e fallimenti, sono alla ricerca di un senso che si perde in mare. E' la vendetta di tutti gli uomini che seguono Acab, è una necessità di riscatto che diventa tensione perchè è verso la vita che può diventare orribile e molesta per alcuni uomini. Ci sono vite che diventano ossessioni per alcuni uomini che quindi si rifugiano in mare per rivendicare un significato. Quindi Moby Dick è al centro di una tensione che è ciò che tiene l'uomo in vita finché non supera il limite».
Quale importanza hanno le musiche?
«Per noi da sempre la musica ha sempre un ruolo importante. In Moby Dick non solo segnala l'arcata drammaturgica ma anche l'arcata di senso. Il significato quindi lo si ascolta anche. Gli attori seguono la musica che non è un'atmosfera o una colonna sonora, anche se in alcuni momenti lo può sembrare, ma in gran parte dei casi la musica è scena e azione. C'è un rapporto matematico, scientifico tra la musica e l'azione scenica».