Raphael Gualazzi: "Celebro i sogni come dimensione per ritrovare il contatto con il presente"
L’artista marchigiano si racconta e presenta il nuovo album "Dreams", filo conduttore del live di martedì 7 novembre a Trento, all’Auditorium Santa Chiara
TRENTO. È scandito dal battito sonoro delle dodici tracce che danno forma al nuovo album “Dreams” il ritorno a Trento del pianista Raphael Gualazzi. L’artista marchigiano sarà martedì 7 novembre all’Auditorium Santa Chiara con un live che si annuncia dalle forme oniriche fatto di atmosfere sognanti dal respiro internazionale.
In questa intervista, Gualazzi ci racconta la genesi di “Dreams” e la sua voglia di spaziare fra i generi senza barriere e senza perdere di vista la voglia di tracciare nuovi percorsi emozioni con la sua musica.
Raphael Gualazzi, cosa ha voluto racchiudere in questo suo nuovo album?
“Questo album celebra i sogni come una dimensione attraverso la quale si riesce a ripristinare un contatto con il presente, con la propria condizione umana, prima di tutto come persona e conseguentemente come artista. Il sogno è da me inteso come ciò che riguarda il passato e l'immediato futuro perchè l'unico momento reale è il presente che stiamo vivendo, mentre il futuro è qualcosa che deve essere ancora sognato e i ricordi del passato, vicini o lontani che siano, li possiamo richiamare solo attraverso il pensiero. Quindi l'attimo presente è circondato dal sogno che è l'unico mezzo con cui possiamo osservare il presente e rientrare in contatto con noi stessi”
Un titolo come “Dreams”, sogni appunto, che porta lontano.
“Ho usato "Dreams" al plurale anche perchè musicalmente parlando vado a sottolineare e consolidare il mio approccio multiforme alla musica. Come musicista non posso fare a meno di apprezzare l'autenticità che accomuna gli artisti attraverso l'interplay e l'ascolto reciproco. Credo che la dimensione umana sia un valore importante nella musica e l'autenticità fa da comune denominatore a questo progetto e a questi brani così diversi e così simili tra loro”.
Fra le collaborazioni nella creazione dei testi anche quella con Emma Morton.
“Ho scelto di avvalermi di diverse collaborazioni sia di penna sia di nota (cioè per musica, testo e arrangiamenti) con artisti importanti come Emma Morton che ha scritto con me tre brani e partecipato con la sua voce a "I Won't Lie". Poi c'è la penna meravigliosa di Stefano Nanni che ha lavorato agli arrangiamenti di "Vivido il tramonto" "Malinconia di averti" e "Fragile". Restiamo in famiglia con il talento perchè suo fratello Gianluca è il mio storico batterista che dal 2014 insieme a Anders Ulrich costituisce il mio trio. Per rimarcare questo senso di autenticità e coesione ho desiderato portare i miei musicisti in studio, anche il mio trombettista storico Luigi Faggi che ha partecipato con me all'Eurovision e ad altri spettacoli”.
Si può parlare di una sorta di concept?
“Certo, ognuno ha i suoi sogni ma l'importante è sognare bene perchè ci sono sogni guaritori, terapeutici, premonitori, sogni nel cassetto o sogni sociali come quello di Martin Luther King. Ci sono sogni di qualsiasi natura, sicuramente è una dinamica molto importante nell'esistenza umana che è vissuta in maniera diversa a seconda delle culture, ma credo che la cosa più bella in assoluto sia esprimere i propri sogni attraverso la musica”.
Come ha trasformato allora questi sogni musicali nel suo live?
“La line-up che ho scelto è un quintetto e rispecchia la mia necessità di rivisitare o rigenerare il brano stesso dall'album. Sul palco ci saranno quindi contrabbasso, batteria, tromba, organo Hammond e tastiere di base ma suoneremo anche altri strumenti. Io stesso suonerò anche l'ukulele e alternerò tastiere e pianoforte acustico. Sarà uno spettacolo abbastanza dinamico dal punto di vista dell'offerta musicale”.
E la setlist?
“Oltre alle canzoni tratte da "Dreams" ci saranno successi del passato, alcuni brani meno conosciuti oltre ad alcuni omaggi alla musica africana e americana che non possono mancare. Farò inoltre degli omaggi al mondo del cinema in virtù della collaborazione con Sugar-Cam, un'etichetta musicale il cui catalogo comprende i più grandi compositori per musica da cinema quali Morricone, Trovajoli e Piovani. E' un immenso onore per me farne parte visto che ho scritto nel 2015 la colonna sonora di un film di Pupi Avati e più recentemente di un cortometraggio di Mauro Diez "Mi pequeño Chet Baker" che è stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma nella sezione "Alice nella città".
Da dove la scelta, anche in Dreams, di proporre canzoni sia in italiano che in inglese?
“Ho sempre usato questa dicotomia perchè reputo che la lingua italiana costituisca musica essa stessa, anche senza essere accompagnata dalle note, per la sua radice così antica e complessa. Preferisco usare l'italiano per le ballad o per composizioni più lente, con un ritmo che lascia più spazio alla bellezza della nostra lingua. Invece utilizzo l'inglese nei brani più ritmici e incalzanti perchè si presta di più per il suo carattere onomatopeico e monosillabico e per la sua immediatezza”.