Oriente Occidente Dance Festival incontra il Mart in un progetto fra danza e arte
Oggi pomeriggio, sabato 7 settembre, al museo roveretano va in scena "D. Arte" i. Ecco l'intervista con Denis Isaia, fra gli ideatori dell'iniziativa, che ne spiega il significato e ne illustra il programma
ROVERETO. Da spazio espositivo a palco di azione da contenitore neutro ad ambiente sfaccettato, diversificato, interattivo. Nel corso del tempo il museo ha cambiato radicalmente la sua forma, entrando in profonda relazione con le arti performative, e la danza contemporanea ha trovato luoghi in cui esprimersi nelle sale dei musei di tutto il mondo.
Così accade anche al Mart di Rovereto con il progetto D. Arte, realizzato in stretta collaborazione con Oriente Occidente e proposto sabato 7 settembre dalle 16, in cui forme e movimenti si fondono alla rincorsa di ciò che è effimero anche se appare permanente e l’architettura diventa un cortile dove poter giocare con corpi e colori. Ne abbiamo parlato con Denis Isaia fra gli ideatori del progetto e curatore responsabile per le mostre e le Collezioni d’arte contemporanea del Mart.
Denis Isaia, da quali basi prende forma D.Arte?
“Collaboro con Oriente Occidente da tempo e l’idea era far sì che il Mart potesse entrare in dialogo con il dance festival. I danzatori sono sempre affascinati di poter ballare all'interno dello spazio museale ma quando succede spesso hanno uno spazio simile al black box teatrale. La convinzione di Oriente Occidente e del Mart era quella di cercare una connessione più stretta tra il museo inteso come architettura e luogo in cui il visitatore si muove e danza secondo il percorso dell'esposizione che per come è concepita indica non solo un tragitto ma anche una serie di sguardi, di evoluzioni su stessi, insomma chi concepisce una mostra pensa anche a come far girare il pubblico. Quindi la danza potrebbe intervenire su questo rapporto reale tra visitatore e architettura”.
Con quale obiettivo?
“I tre pilastri che abbiamo sottoposto anche ai danzatori per D.Arte sono in primis l’idea che l’opera d’arte possa essere d’ispirazione per un movimento, sia esso un quadro o un testo scritto. Importante poi ci sia un rapporto tra l’architettura e un corpo in movimento all'interno degli spazi dell’architettura. Infine che la danza possa contribuire a rendere più consapevole il rapporto del visitatore con lo spazio”.
Arte e danza contemporanea appunto per una visione diversa degli spazi del Mart.
“Sì, esattamente, anche per permettere quel famoso intreccio tra discipline sapendo che tutti stiamo cercando qualcosa di simile ovvero di affascinare qualcun altro che ci guarda ma anche di passargli dei contenuti o di renderlo semplicemente più consapevole di quello che sta facendo”.
Si inizia alle 16 nel foyer e archivio con “Plin” una coreografia e performance di Francesca Bertolini e Sebastiano Moltrer.
“Si tratta di uno spettacolo che avviene negli spazi di passaggio del museo, sono una serie di interventi anche con elementi esterni come delle palline dove viene messo in evidenza il rapporto tra il movimento del danzatore e l’architettura. Come evidenziano gli autori di Plin prende forma dal desiderio di rielaborare il simbolo tradizionale della cascata d'acqua e di smuovere la conforme fruizione dello spazio museale andando a riempire quel silenzioso e colossale vuoto al centro dell'impianto architettonico”.
Poi alle 16.30 e 17.30 e 18.30 al primo piano “Niente è davvero permanente”.
“In questo caso protagonista è Lucrezia C. Gabrieli , artista associata Abbondanza/Bertoni, collettivo 42Stems) accompagnata dalla musica di Giacomo Calli. La coreografa ha scelto una specifica opera della mostra permanente per trarre ispirazione per la coreografia che è effimera, quindi si gioca anche su questo contrasto: noi occupiamo uno spazio e mai un tempo mentre il quadro occupa uno spazio e un tempo”-
Al secondo piano, alle 18, la coreografia e performance “Lealismo”
“Quello che ha per protagonista Morgana Furlani è un lavoro più specifico sul pubblico. Durante la performance viene esplorata una relazione tra realtà e immaginazione, accedendo a contenuti intimi e profondi, utilizzando simboli e associazioni libere. Si ricerca un Io interiore e autentico. Il movimento danzato diventa quindi una ricerca di equilibrio tra autostima e vulnerabilità, per abbracciare e accogliere queste componenti essenziali di ogni identità".
Tornando alla collaborazione con Oriente Occidente il progetto D.Arte avrà un futuro?
“Collaboriamo da sempre con Oriente e Occidente ma da sette/otto anni la collaborazione con questo Festival internazionale si è rinsaldata e questo progetto è l’esempio forse non più importante ma più emblematico che ci servirà anche per andare avanti su questa base nei prossimi anni. Oltre al fatto di prestare degli spazi, vorremmo proprio lavorare insieme al festival per mischiare i pubblici ma soprattutto mischiare le discipline. Quindi sìm questo è solo il primo step di D.Arte”.