Storia / Antropologia

Le scritte dei pastori di Fiemme: un tesoro, ma ora iniziano a staccarle dalla roccia per rubarle

Esce un monumentale libro di Marta Bazzanella, con il catalogo completo di 47. 451 scritte e disegni antichi sul monte Cornon. Kezich: «Un patrimonio che andrebbe valorizzato. E protetto»

di Gigi Zoppello

FIEMME. Giovanni Kezich, eminente antropologo ed ex direttore del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all'Adige, lo dice con un soffio di malinconia: «Forse il Trentino, e la Val di Fiemme in particolare, non si sono ancora resi pienamente conto dell'immenso tesoro rappresentato dalle scritte rupestri dei pastori scoperte sul monte Cornòn». Lo dice quando gli chiedo di parlarmi del nuovo libro sul tema: "A Dio cari pastori", di Marta Bazzanella e con una dotta introduzione di Kezich, è stato commissionato ed edito dall'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti. Un volume - per così dire - «definitivo», poiché Bazzanella vi riversa qui l'intero contenuto delle sue ricerche durate decenni e decenni.

Nello studio, c'è la catalogazione completa di tutte le incisioni tracciate con ematite rossa. Assommano all'incredibile numero di 2. 731 le pareti rilevate. In totale 47. 451 "record", ovvero scritte e disegni catalogati. Una mole mostruosa. Bazzanella e i giovani ricercatori del Mucgt hanno passato molte estati sulla montagna. Ora il materiale è catalogato in ogni sua forma ed aspetto: per autore (conosciuto o sconosciuto); per tipo di contenuto (historiolae, saluti, messaggi, preghiere, descrizioni del tempo atmosferico, ricorrenze religiose, eccetera, per una quindicina di categorie), per data, e via dicendo.

Quello di Bazzanella e della sua equipe è stato un lavoro di dimensioni mostruose: le tavole annesse al saggio riportano geo-localizzazioni, telemetrie delle pareti, misurazioni, mentre i contenuti sono a loro volta suddivisi fra quelli dei pastori veri e propri, dei boscaioli, dei rastrellatori di fieno, dei casari e via dicendo.

Le antiche scritte dei pastori in Val di Fiemme

Le antiche scritte dei pastori in Val di Fiemme. Dal libro A Dio cari pastori - Le iscrizioni rupestri della Val di Fiemme (sec. XV-XX) in prospettiva etno-archeologica, di Marta Bazzanella e Giovanni Kezich, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia

La più alta frequenza dei messaggi, registrata fra metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, ci restituisce uno spaccato di una società alpina ormai estinta: è evidente la fierezza dei pastori, consci del loro importante lavoro, che dava loro uno status sociale di distinzione: ai pastori si affidavano le greggi, che erano bene prezioso della famiglia come della comunità. Ed i pastori erano professionisti. Che a loro volta erano controllati dai sorveglianti del bestiame (Cavedolae), preposti al rispetto delle regole di pascolo.

Il volume varrebbe la pena di essere letto anche solo per la ricca dote di informazioni che contiene in ogni paragrafo. Ad esempio, sul complesso calendario dello spostamento del bestiame, che a primavera esce dalle stalle, ma resta presso il villaggio (dal 5 maggio al 24 giugno) per rientrare ogni sera. Poi dal 25 giugno e il 25 luglio i pastori occupano la fascia intermedia di prati. Successivamente, con lo sfalcio dei prati più alti, ci si sposta a quote superiori del Lagori per rientrare in occasione di San Matteo. E il calendario non è dedotto, bensì narrato di persona dagli ultimi pastori superstiti intervistati da Bazzanella e dalla sua equipe prima della loro scomparsa.

In alcuni casi, Bazzanella e i ricercatori hanno la fortuna di poter intervistare anche glu ultimi pastori frequentatori dei ripari, e autori di incisioni, come nel caso di Carlo Trettel di Ziano di Fiemme, classe 1929, che è una vera "Stele di Rosetta" in persona di questa ricerca.

Il libro, splendidamente illustrato, è veramente prezioso, ben curato graficamente e dalla grande resa. È stato in parte preceduto da una pubblicazione del Museo, ma è grazie all'interesse ed all'impegno di Lorenzo Fellin che si è realizzato compiutamente. Ed è - a tutti gli effetti - il "libro definitivo" su questo fenomeno. Compresa una interessante digressione, che porta al titolo del volume: l'influenza del testo dell'opera Guglielmo Tell sui modesti pastori fiemmazzi, che pure nelle loro scritte fanno riecheggiare quel "Addio care montagne" che viene dritto dritto dal libretto di Schiller nella traduzione italiana (1804) del poeta trentino Andrea Maffei, nativo di Molina di Ledro. E che evidentemente ebbe una vasta eco popolare.

Rimane aperta la questione: terminata questa enorme catalogazione, che fare? Oggi il Museo degli Usi e Costumi non esiste più, con questo nome, ed il campo della etno-archeologia pare non in voga (mentre vanno fortissimo le giornate di "bagni di gong" in cui farsi rintronare le orecchie in una prospettiva new age).

"Per cominciare - suggerisce l'ex direttore Giovanni Kezich - andrebbero prese le debite precauzioni, prima che a qualcuno (e purtroppo già succede) venga in mente di andare su e scalpellare le incisioni per portarsele a casa".

Ma soprattutto "La Val di Fiemme dovrebbe mettere queste immagini nel suo pedigree culturale, come rappresentazione dell'autentico e del vero. Per anni siamo stati a convegni internazionali sull'arte rupestre, a dire che secondo noi c'è continuità assoluta fra questi reperti ed i graffiti delle caverne preistoriche, con la debita differenza che qui interviene l'alfabeto. Ma se a Lescaux è stata realizzata Lescaux 2, una replica perfetta a grandezza naturale della celebre grotta primitiva, sarebbe una cosa egregia se ad esempio Predazzo proponesse in piazza una riproduzione delle pareti incide dei pastori. Anche come attrattiva turistica: è un patrimonio inestimabile!"

Kezich, nella sua introduzione al volume, cavalca poi una sua vecchia idea: quella di connettere questi materiali con i graffiti degli urban writers. «Sin dall'inizio - afferma - i writers newyorkesi o californiani usano un tratto distintivo, il tag, cioè la sigla che li fa riconoscere, la firma crittata. È un modo per dire: io sono stato qui. Ed è il medesimo concetto delle scritte dei pastori fiemmesi, ovvero l'espressione grafica dell'egoità nella roccia». Ecco quindi una prospettiva che guarda in avanti: non solo il recupero del patrimonio culturale arcaico, ma anche una fruizione collegata alle nuove forme di graffitismo urbano. E chissà che il tutto non trovi una degna protezione, una degna valorizzazione, una degna pubblicità. Almeno quanto i bagni di gong. Ma speriamo un po'di più.

A Dio cari pastori - Le iscrizioni rupestri della Val di Fiemme (sec. XV-XX) in prospettiva etno-archeologica, di Marta Bazzanella e Giovanni Kezich, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia, 2024.

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