Renzo Maria Grosselli presenta il nuovo volume sull'emigrazione trentina
Il noto storico venerdì 25 ottobre, al Museo Etnografico di San Michele, con “L’emigrazione dal Trentino. Dalla Grande Guerra alla sconfitta del nazifascismo”. Nel corso dell'evento, che sarà a ingresso libero, è in programma anche un concerto dei Cantori da Verméi
TRENTO. Un viaggio nell'emigrazione trentina in un periodo storico delicato e drammatico: è quello proposto nel corposo volume scritto dallo storico Renzo Maria Grosselli, che sarà presentato venerdì 25 ottobre alle 17.30 al Museo Etnografico di San Michele all’Adige.
Nel corso dell'evento, che sarà a ingresso libero, è in programma anche un concerto dei Cantori da Verméi.
Il nuovo volume, edito dallo stesso Museo, si intitola “L’emigrazione dal Trentino. Dalla Grande Guerra alla sconfitta del nazifascismo”.
Ciao a tutti Se per caso, venerdì prossimo, 25 ottobre, vi capitasse di passare... dal METS di San Michele all’Adige... vi segnalo che per la presentazione dell’ultimo volume di Renzo Maria Grosselli saremo presenti con i Cantori da Verméi. Appuntamento alle ore 17:30, ingresso libero Trovate tutti i dettagli in allegato
Si tratta del secondo saggio (dei più di 30 dati alle stampe dall’autore in più di 40 anni di attività) della serie “L’emigrazione dal Trentino”, il primo dei quali, “Dal Medioevo alla Prima Guerra Mondiale” fu edito dal Museo degli Usi e Costumi di San Michele all’Adige nel 1998.
Il lavoro di ricerca, e quindi di stesura del libro, è durato per un lungo tempo e cioè dalla primavera del 2009 al settembre del 2003. Anche così si giustificano le 576 pagine di cui si compone l’opera, frutto del lavoro in decine di archivi storici nazionali, regionali, municipali o anche privati, della sterminata bibliografia approcciata da Grosselli ma anche dalle numerose interviste di storia orale di cui l’autore si è avvalso in queste pagine.
L’emigrazione dal Trentino dal 1918 al 1945, la seconda fase del grande esodo di lavoratori e lavoratrici dalla nostra terra (la terza, che si concluderà con gli anni ’70 del ‘900, è già allo studio di Grosselli) ha apportato novità notevoli nella storia di una terra che si è contraddistinta per secoli per i suoi corposi flussi migratori.
"L’emigrazione – dice spesso nelle sue conferenze l’autore – è il fatto sociale che più di altri ha contraddistinto la storia trentina a partire dal Medioevo e fino alla seconda parte del Novecento.
Migliaia, decine di migliaia di persone per sopravvivere o anche solo per migliorare le condizioni di vita delle loro famiglie, hanno lasciato il Trentino per poco o per sempre: Austria, Germania, Francia, Belgio, Germania, Svizzera in Europa, Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, Uruguay, Cile in America, poi l’Australia, i Paesi che hanno conosciuto significativi flussi di immigrazione trentina.
Ma non basta: a partire proprio dalla fine della Grande Guerra imponenti flussi, spesso temporanei ma in parte non insignificante anche definitivi, ha espresso la nostra terra anche verso le altre regioni italiane. Non solo Veneto e Lombardia ma anche Piemonte, Liguria, la laziale Pianura Pontina hanno visto giungere ed insediarsi gli emigranti trentini. L’emigrazione interna costituì una delle caratteristiche importanti dei flussi migratori dal Trentino tra le due guerre mondiali".
Una seconda caratteristica importante, fu quella dello “scoppio” dell’emigrazione temporanea delle donne trentine. Se le prime avvisaglie si erano avuto tra ‘800 e il ‘900 con la partenza di giovani operaie dirette verso l’industria tessile del Vorarlberg, molte di più saranno le ragazze tra il 1918 e il 1940 che trovarono lavoro nell’industria piemontese e lombarda e quelle che, invece, trovarono lavoro, quasi sempre temporaneo, in giro per l’Italia, in qualità di “serve” come si diceva al tempo.
Ogni famiglia contadina, del piano o del monte, tra le due guerre mandò per l’Italia una, due, a volte anche quattro o cinque figlie che, mandando a casa parte importante del loro salario, poterono contribuire alla sopravvivenza del nucleo famigliare in quel Ventennio in cui la montagna trentina visse nella difficoltà, nella penuria quando non vera e propria crisi.
Dimostrata dai tassi di spopolamento della montagna, manifestatosi nonostante le politiche del regime fascista tendessero a fissare le popolazioni contadine alle loro (piccole) proprietà, a partire almeno dal 1926.
Una terza caratteristica delle vicende migratorie trentine tra le due guerre fu costituita dalle chiusure progressive delle frontiere migratorie internazionali: per i trentini si chiusero i confini dell’Austria e della Germania, uscite sconfitte dalla Grande Guerra, ma anche quelle, prima importantissime, degli Stati Uniti (e, meno, del Brasile).
Solo l’Argentina, tra i grandi Paesi, rimase aperta al contributo del lavoro trentino, per qualche aspetto la Svizzera mentre si aprirono invece di più i confini del Belgio e della Francia.
Il che, volle dire soprattutto lavoro, devastante per la salute, nelle miniere e sugli altoforni a cui dovettero sottomettersi decine di migliaia di uomini, di molte valli trentine, che alla fine si sarebbero portati a casa le conseguenze di quel lavoro: non solo il salario ma anche la silicosi e altre malattie ”da miniera”.
Il nuovo volume di Renzo Maria Grosselli affronta anche tanto altro, per esempio i flussi migratori “straordinari”: come quello dei 650.000 militari italiani (qualche decina di migliaia i trentini) che furono fatti prigionieri e poi costretti al lavoro nei lager nazisti a partire dal 9 settembre del 1943 e sino alla fine del conflitto. Emigrazione di lavoro pure questa a cui lo storico dedica ampio spazio.