Flavio Insinna a Trento: «Ecco il mio omaggio a Nino Manfredi»
Il noto attore e volto televisivo in scena con Giulia Fiume in “Gente di facile costumi”, scritta dal celebre artista romano scomparso nel 2004, per l’apertura della nuova stagione AudiPop, oggi (sabato 25 gennaio) e domani all’Auditorium Santa Chiara
TRENTO – È affidata a Flavio Insinna e Giulia Fiume con un testo di grande successo firmato da Nino Manfredi (1921-2004) l’apertura della nuova stagione AudiPop curata dal Centro Santa Chiara. L’appuntamento con “Gente di facile costumi” è quello di sabato 25 e domenica 26 gennaio all’Auditorium con “Gente di facili costumi” una commedia costellata di incidenti e incomprensioni, disastri, ilarità e malinconie, pienamente in sintonia con l’immagine che il loro autore ha lasciato nel ricordo di ognuno di noi, diretta dallo stesso figlio di Manfredi, Luca.
Ne abbiamo parlato con Flavio Insinna, attore e conduttore televisivo, che ci racconta questa commedia andata scena per la prima volta nel 1988, con lo stesso Manfredi nei panni del protagonista, con un testo considerato ancora oggi uno dei più eclatanti apparso sulle scene teatrali italiane negli ultimi decenni.
Flavio Insinna, come è stato coinvolto in “Gente di facili costumi”?
“Il primo incontro con Luca Manfredi, figlio di Nino, è avvenuto ancora con le mascherine, eravamo in uscita dal covid. Mi disse che voleva fare un omaggio al babbo e mi sentii in imbarazzo perché sono cresciuto con quella generazione lì. Rimango un po’ perplesso, non penso mai di essere “Wolf” (noto personaggio del cult movie Le Iene di Tarantino n.d.r.) che risolve i problemi, io penso solo di portarli. Cominciamo a fare una cosa divertente ma molto artigianale, visto che stavamo tutti lavorando ad altri progetti, ci incontravamo il sabato e la domenica una volta a casa di uno e una volta a casa di un altro a leggere il copione, a cambiarlo ma non ad attualizzarlo”.
Al lavoro su una commedia del 1988 con quale sguardo?
“Sì, è del 1988 ma ha una sua modernità di linguaggio, ha delle cose che sembrano scritte stamattina, non è polverosa e datata. Piano piano abbiamo fatto le prove ufficiali con la scenografia e lo abbiamo portato in scena a Roma a gennaio dell’anno scorso pensando che si trattasse di un omaggio. Ma il produttore ci ha avvisato subito di aver ricevuto diverse chiamate da teatri in tutta Italia e da un omaggio di poche date siamo arrivati a una tournée che finisce a maggio”.
Il ricordo è quello di un personaggio unico dello spettacolo italiano come Nino Manfredi.
“Ho sempre pensato che lui fosse di un’intelligenza rarissima, oltre al talento che non è in discussione. Se facessimo una sequenza solo coi suoi sguardi, coi movimenti che fa con gli occhi, i tempi, i controtempi, la famosa girata in due volte, si vedrebbe che cose così le fa solo uno con un talento fuori dal normale guidato da un’intelligenza fuori dal normale. Vuol dire che ha continuato a studiare, a ricercare e a trovare un gesto che alla fine fa solo lui come l’acuto di un cantante che gli altri non riescono a fare”.
Come si è avvicinato al ruolo di Ugo che interpreta in questa commedia?
“Ugo è un disperato che ha il pregio di capire che la persona apparentemente più lontana da lui è la persona della sua vita e si apre, non rimane chiuso nel suo piccolo mondo fatto di sceneggiature e di livore perché non viene capito dai produttori. Ha questo lampo di intelligenza e capisce che sta passando il suo treno e lo prende ma non per accontentarsi, non per paura di non rimanere solo, capisce che ha incontrato l’amore della sua vita”.
Lui un intellettuale lei, Anna, una prostituta: che rapporto si instaura fra i due nel corso di quella che è una convivenza forzata e c’è un messaggio in tutto questo?
“All’inizio è uno scontro in stile Arma Letale (celebre film d'azione, ndr) , due mondi lontanissimi che si ritrovano a convivere. Non mi piace la parola messaggio, se andiamo a teatro però c’è l’occasione di pensare ad alcune cose. In un mondo così brutto fatto di guerre, sono volontario di Emergency e pensare che nel 2025 ci siano bombardamenti di ospedali, su vecchi e bambini è una follia che non volevo vivere, la commedia ti viene a dire che se ti apri all’altro forse la tua vita diventa più bella. Però devi avere voglia di abbandonare le tue paure, i tuoi rancori e soprattutto i tuoi giudizi e avere voglia di ascoltare, di aprirsi. Ugo capisce che quell’incontro di anime ferite e dolenti può cambiare la sua vita in meglio. Devi però avere la curiosità di andare incontro all’altro”.
Qual è per lei ancora oggi la forza di questo testo? Manfredi su questa commedia scriveva; viviamo in una società in cui i valori più elevati vengono svenduti e liquidati, perché il bello, il buono e il vero sono asserviti all'utile: ma cosa direbbe oggi?
“Non ci si ritroverebbe in questi tempi faticosi e aggressivi. Vedo sempre questo derby infinito Roma-Lazio in cui si resta fedeli alla propria fazione. Invece io penso che se tu ti apri, io ti ascolto, magari partiamo che siamo lontanissimi e poi ci troviamo su un terreno comune. Mentre se restiamo ognuno sulle proprie posizioni allora è inutile anche incontrarsi. Viviamo un tempo in cui non vogliamo più ascoltare”.