Intervista

«Sono anni spietati, c'è una deviazione politica in varie parti del mondo»

Parla Paolo Bruni "Pau" dei Negrita che il 24 aprile saranno protagonisti sul palco del palasport di Rovereto sulla scia del nuovo disco “Canzoni per anni spietati”

di Fabio De Santi

ROVERETO - Sull’onda dell’attenzione che sta ottenendo il loro nuovo disco “Canzoni per anni spietati” i Negrita approdano il 24 aprile al Palasport di Rovereto (inizio ore 21, biglietti ancora disponibili). Un ritorno quello della band aretina in una terra che li ha sempre accolti con grande entusiasmo sin dai tempi dei loro esordi. 

Al centro del live le canzoni di un lavoro uscito a sette anni di distanza, un’enormità temporale per una rock band, dal loro lavoro precedente. Un album quello dei Negrita (qui nella foto live di Stefania Brovetto e Enrico Babuder) , come ci racconta il cantante Paolo Bruni, Pau come rocker, in questa intervista, che fotografa un mondo che sta scivolando verso una deriva tossica preoccupante.

Pau, che disco è “Canzoni per anni spietati” quanto ha inciso la pandemia su questi tempi lunghi?

“È un disco arrivato dopo sette anni di stop dove sono successe tante cose sia nel mondo che ha vissuto appunto una pandemia sia a casa di ognuno di noi. Anche la musica è cambiata drasticamente e tutte queste cose messe insieme ci hanno fatto rallentare la produzione, anche cambiare idea sul nostro futuro ma poi un giorno ti ricordi chi sei stato e vuoi cominciare a raccontare il mondo che ti circonda con le tue parole, soprattutto quello che non ci piace, che non ci fa stare tranquilli, non stiamo vivendo un gran momento storico. 

Quindi abbiamo iniziato a scrivere canzoni con un'attitudine più cantautorale, la parola ha preso il sopravvento rispetto alle classiche jam session che fanno le band. Non è un caso che abbiamo interpretato De Gregori e fatto omaggi al più grande di tutti, Bob Dylan”.

Lo avete definito un vero e proprio concept album.

“Sì,è un termine che calza bene a questo lavoro. Non è un concept album come lo si intendeva negli anni settanta, è un concept più letterario, i testi sono legati perché appartengono allo stesso discorso, sono capitoli di uno stesso racconto. Musicalmente non è così perché alcuni brani sono stati lasciati molto folk come “Song to Dylan” o la nostra versione di “Viva l’Italia”, mentre altri sono più rock o punk, non ci siamo preoccupati di avere una sola sonorità e questo è in pieno stile Negrita”.

Il titolo fa riferimento ad anni spietati: pensi che lo siano più di altri quelli che stiamo vivendo in questo mondo crudo?

“Non credo ci sia bisogno sempre di un paragone col passato ma per certi versi considerando a che punto è arrivato lo sviluppo della tecnologia o dell'informazione ci sembra piuttosto grave che stiamo retrocedendo in maniera drammatica e velocissima verso un nuovo medioevo. 

Sono anni spietati certo perché stiamo notando una certa deviazione politica in varie parti del mondo in contemporanea: Italia, Turchia, Ungheria, Russia, Stati Uniti, Israele, Argentina. Sembra che si stia muovendo sotto terra qualcosa come un ragno che unisce vari estremismi piuttosto pericolosi che stanno mettendo in discussione la democrazia che sembra non avere anticorpi per combattere estremismi che non hanno nulla di democratico”.

La disillusione è tra i temi centrali di questo lavoro: è un sentimento anche tuo?

“Molta disillusione, a 57 anni cominci a non credere più a niente, anche quello che ti sembrava una speranza ti ha deluso, non ne posso più di promesse”.

Il disco si apre con un pezzo tagliente come Nel Blu (Lettera ai Padroni della Terra).

“Se Bob Dylan non avesse scritto un brano con "Masters of war” questa canzone non sarebbe mai nata. Un anno fa mi sono messo ad ascoltare Dylan più profondamente rispetto al passato, non lo avevo mai studiato a fondo e mi sono innamorato del suo modo di fare musica da menestrello. In questa canzone c'era una frase che augurava la morte a questi criminali mondiali che speculano sulla guerra e quindi sulla vita degli altri. Quella frase mi ha colpito molto e mi sono messo a scrivere una specie di aggiornamento rivolto ai padroni della terra, con un testo molto crudo, non mi interessa se verrà censurato o non trasmesso in radio. Volevo scrivere un disco vero, onesto anche scomodo per certi versi, non mi interessa nulla dell’esito”.

Che live si devono aspettare la settimana prossima i vostri fan trentini a Rovereto?

“Il nostro batterista, da vent’anni ormai, Cristiano Dalla Pellegrina, è di Trento, quindi sentirà aria di casa e gli abbiamo lasciato carta bianca sulla scaletta del live - sorride il cantante dei Negrita (n.d.r.) - Siamo contenti ogni volta che suoniamo in una delle zone in cui uno di noi è nato e cresciuto, sono date particolarmente sentite. Il concerto è costruito attorno all'ultimo album, di cui inseriremo nel set cinque o sei pezzi, insieme ad alcuni dei nostri brani storici che abbiamo considerato poter star bene al fianco delle nuove canzoni”.