La  «fabbrica del freddo» chiude i battenti: addio Whirlpool

La produzione della «fabbrica del freddo» si ferma definitivamente: ieri è stato l’ultimo giorno di lavoro per i 70 operai ancora attivi alla Whirlpool a Spini di Gardolo. Fino a fine ottobre rimarrà aperto il magazzino, poi l’addio definitivoL'amarezza di Dorigatti

di Fabia Sartori

La Whirlpool chiude: ultimo giornoLa produzione della «fabbrica del freddo» si ferma definitivamente: ieri è stato l’ultimo giorno di lavoro per i circa settanta operai ancora attivi nel reparto produttivo nella Whirlpool a Spini di Gardolo. Niente più frigoriferi a Trento nord. Ma soprattutto quasi 500 lavoratori che, complessivamente, dallo scorso anno (l’annuncio della chiusura della sede trentina dell’azienda è arrivato il 28 giugno 2013) si sono ritrovati a dover cercare un’altra occupazione oppure a fare i conti con la cassa integrazione.


Qualche «movimento» lavorativo interesserà ancora lo stabilimento locale della multinazionale statunitense: una ventina di operai rimarranno occupati fino alla metà del mese di settembre per produrre l’inventario del magazzino delle materie prime. Pare, inoltre, che il magazzino dei prodotti finiti sarà attivo fino al termine di ottobre. Poi lo smantellamento delle varie attrezzature, alcune delle quali potrebbero essere messe all’asta, e lo «stop» definitivo: nel mese di dicembre le chiavi dei capannoni industriali torneranno nelle mani della Provincia di Trento, che ne è proprietaria. Erano circa le 18 ieri sera, quando un gruppo di circa 30 persone si è ritrovato in un bar nei pressi dello stabilimento: l’ultimo aperitivo o bicchiere di birra condiviso tra quelli che, ormai, sono diventati ex colleghi. Un barlume di normalità in quella che, da oggi in poi, diventerà la dura realtà quotidiana di sbarcare il lunario. «Siamo disoccupati preoccupati per il futuro - afferma Corrado Bonetti, da diciotto anni in Whirlpool - Nell’arco di un anno solo una minima parte degli assunti nella sede trentina sono riusciti a trovare una nuova occupazione, forse il 20%: in questo momento nessuno di noi riesce a pensare in maniera positiva». «Tanto più considerando il trattamento economico - afferma una lavoratrice allo «stop» forzato - Anche se dovessimo trovare un nuovo lavoro non sarà mai ben retribuito come quello che avevamo fino ad oggi. Inoltre andiamo incontro al precariato, con contratti di durata minimale».


Durante l’ultimo saluto tra colleghi serpeggia una domanda univoca: «La Provincia riuscirà ad individuare un’azienda in grado di rilevare l’intero sito produttivo? Se sì, con quali tempistiche?». Insomma, una delle speranza di operai ed operaie della fabbrica del freddo è quella di sfruttare la «priorità d’assunzione» che deriverebbe dal rimettersi in modo del sito produttivo, qualsiasi possa essere il soggetto entrante. Ma i commenti non sono certo confortanti: «In un momento di crisi come quello che stiamo attraversando la riconversione dello stabilimento sarebbe un miracolo - dicono - Impossibile pensare che, anche se succedesse, si creino posti di lavoro per quasi 500 persone».


E le situazioni sono davvero drammatiche: mutui o affitti da pagare e figli da allevare sono impegni che riguardano tutti i presenti. «A cui con probabilità - sottolineano - non riusciremo più a far fronte». Davvero critico, infine, il caso dei coniugi Maurizio e Mara di Trento: «Da oltre vent’anni lavoriamo nello stabilimento di Spini - raccontano - Ora siamo entrambi disoccupati, con una famiglia da portare avanti».

 

L'amarezza di Dorigatti

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