Perquisizioni della guardia di finanza in diverse sedi di Veneto Banca
Militari della guardia di finanza stanno perquisendo da questa mattina, a Venezia e in altre città, alcune sedi della Veneto Banca, società cooperativa per azioni. (segue).
Non si conoscono, al momento, i motivi delle perquisizioni.
Veneto Banca è una cooperativa popolare non quotata, ma con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, che rientra tra le banche che dovranno adeguarsi al decreto cosiddetto «investment compact».
Le perquisizioni, in totale una ventina, sono svolte anche nelle abitazioni di alcuni dirigenti e azionisti dell’Istituto.
L’ex amministratore delegato di Veneto Banca, attualmente direttore generale, Vincenzo Consoli, e l’ex presidente Flavio Trinca, sono tra gli indagati nell’inchiesta sull’istituto di credito che ha portato questa mattina ad una serie di perquisizioni da parte dei finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria e di quelli del nucleo di polizia tributaria di Venezia.
Sono complessivamente 16 i soci di Veneto Banca perquisiti perché risultati destinatari, nel tempo, di ingenti finanziamenti. Le perquisizioni hanno riguardato anche la sede legale ed amministrativa di Veneto Banca a Montebelluna.
Il gruppo Veneto Banca, dopo varie acquisizioni in Italia e al'lestero negli ultimi anni, oggi conta su 587 sportelli con oltre 6 mila dipendenti.
L’iniziativa del governo ha scatenato parecchie polemiche e c’è anche un’indagine della Consob, con successiva apertura di un fascicolo dell’autorità giudiziaria, sull’ipotesi che vi sia stato qualcuno che abbia pottuto speculare sul rialzo delle quotazioni di alcuni isitituti legato al’lannuncio del disegno di riforma.
Secondo l’Alleanza delle cooperative italiane, non è il decreto legge «lo strumento idoneo» per affrontare la riforma delle banche popolari. L’Alleanza in audizione davanti alle commissioni finanze e attività produttive della Camera, sottolinea che «una maggior efficienza» del sistema è «obiettivo indiscutibile» ma non deve passare «necessariamente per l’omologazione di tutto il sistema creditizio al modello profit».
In particolare, secondo l’Alleanza, uno dei fattori che sembra essere stato «sottovalutato è quello del pluralismo delle forme imprenditoriali nel settore del credito». In sostanza «la trasformazione da una forma societaria a un’altra avrebbe dovuto essere oggetto di una scelta dei soggetti interessati e non un atto imposto dall’ordinamento».
Anche le correzioni che interessano le banche popolari con meno di 8 miliardi non sono meno importanti, osserva l’Alleanza delle cooperative. Per questi soggetti «risulta evidente l’obiettivo di omologare ancor più il modello originale di banca popolare con quello della società lucrativa, allontanandolo da principi e criteri cooperativistici».
La riforma delle banche popolari va invece «nella giusta direzione» perchè punta al «rafforzamento patrimoniale del sistema» e anche a «un nuovo processo di concentrazione», secondo dg di Confindustria Marcella Panucci, ma «è fondamentale che da ciò derivino recuperi di efficienza e redditività che si traducano in maggiore disponibilità di credito e migliori condizioni» e non «come accaduto in passato, un allontanamento dei centri decisionali dai territori» con conseguente «riduzione del credito».