Disuguaglianza sociale, il ruolo fondamentale dell'università
Forse la grandezza del Festival dell’Economia non sta solo nel programma di eventi ufficiali, indubbiamente di altissimo livello, ma anche in quel microcosmo di energie creative e intellettuali che riesce a mettere in moto nell’intera città di Trento. Ieri pomeriggio alle 15.30, presso la Libreria Ubik, l’associazione studentesca “Club Alpbach Trentino” ha organizzato una discussione sul tema “Disuguaglianza: quale ruolo per l’università?”. Circa una trentina di studenti ne hanno parlato con Anthony Atkinson, professore di economia presso l’Università di Oxford e la London School of Economics and Political Science, e con Mauro Caselli, professore all’Università di Trento.
Dagli interventi iniziali dei due relatori sono emerse le molteplici sfaccettature del problema della disuguaglianza di opportunità, e la sua immediata connessione con l’ineguale distribuzione del reddito tra i membri della società. La riflessione economica mainstream, con la sua eccessiva fiducia nei meccanismi di autoregolazione del mercato espressi mediante eleganti teoremi matematici, ha sinora fallito nel cercare di spiegare le disuguaglianze economiche. Queste ultime sono infatti il frutto dell’interazione tra attori (governi, imprese, lavoratori) che si comportano in modo non razionale, dunque non descrivibile in termini puramente matematici.
Sulla disuguaglianza sappiamo ancora poco, ma è certo che l’università abbia un ruolo centrale in quanto veicolo di mobilità sociale. I laureati fanno parte di quel segmento di forza lavoro “skilled”, ossia specializzato, dunque in grado di accedere a salari superiori nel mercato del lavoro. Ma le disuguaglianze di reddito e il costo spesso proibitivo delle rette universitarie, soprattutto nei sistemi anglosassoni, fanno sì che solo una ristretta parte della popolazione abbia accesso all’istruzione universitaria. Come sottolinea un giovane studente colombiano, l’università in questo modo accresce le disuguaglianze sociali, anziché ridurle.
Altro tema interessante è stato quello dell’eccessiva specializzazione cui sempre più tende l’istruzione universitaria. Le aziende oggi assumono solo persone che abbiano già acquisito tutte le abilità necessarie a svolgere un determinato lavoro, mentre in passato davano maggiore importanza a un percorso di formazione all’interno dell’azienda. Quale futuro dunque per i corsi di studio di carattere umanistico? Se questa è la realtà del mercato del lavoro odierno, sempre più studenti sceglieranno un percorso universitario di carattere scientifico-tecnico, a scapito di una formazione umanistica più generale.
Tanti problemi, poche risposte, ma dall’incontro è emerso con chiarezza la necessità di un cambiamento. L’eccessiva specializzazione della ricerca accademica, infatti, spesso non permette una visione complessiva di un problema, in relazione con tutti i fattori che lo influenzano. Questo spesso porta a scelte miopi da parte dei governi, o peggio, alla completa paralisi dell’azione politica. Intanto la crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito minaccia uno dei diritti più importanti: il diritto all’istruzione, ossia il diritto a un futuro migliore.
di Lorenzo Livraghi
Studente universitario che partecipa all'iniziativa Adige/Vodafone