Holding nazionale del credito cooperativo Intesa per accelerare i tempi della svolta
Con l'aria che tira, non si può che andare verso un gruppo unico nazionale del credito cooperativo. La «resa» o, più semplicemente, la presa d'atto che altri scenari non sono prefigurabili, è arrivata ieri, nera su bianco, con una nota congiunta di Federcasse (la Federazione nazionale delle banche di credito cooperativo e casse rurali), del gruppo bancario Iccrea e di Cassa Centrale Banca.
«Accelera il percorso verso una soluzione unitaria condivisa per la realizzazione di un'unica Capogruppo del futuro Gruppo Bancario Cooperativo, nell'ambito della riforma del Credito Cooperativo italiano. Si intende così perseguire» si legge nella nota «l'obiettivo di ottimizzare quanto di meglio oggi il Credito Cooperativo esprime in termini di modelli di business al servizio delle realtà locali».
Definitivamente accantonata, quindi, la sfida che la «trentina» Cassa Centrale Banca aveva lanciato a Federcasse a fine luglio, presentando a Milano il progetto di un gruppo bancario nazionale, dal Trentino alla Sicilia, con 91 Bcc aderenti, 52 miliardi di risparmio raccolto e 5 miliardi di mezzi propri. Se c'erano dei margini, per quel progetto, sono definitivamente caduti con i crac delle quattro banche (Etruria in testa): i contenuti (a cominciare dai requisiti patrimoniali di ogni banca) del decreto annunciato da Renzi non sono noti, ma è certo che il Governo imporrà il gruppo unico.
Cassa Centrale Banca ne ha preso definitivamente atto. «L'obiettivo» viene spiegato «è quello di accrescere la competitività e la capacità di servizio nelle comunità, sia di potenziare gli strumenti che garantiranno ulteriormente la stabilità e la capacità autonoma di prevenire e risolvere eventuali situazioni di criticità delle singole Bcc-Casse Rurali».
Investimenti, economie di scale e supporto alla singole banche, quindi. Con l'ambizione, attraverso i 10 punti dell'autoriforma da tempo consegnati alle autorità, di arrivare ad «un quadro di regole coerente con i requisiti normativi e prudenziali dell'Unione Bancaria e conseguentemente un modello organizzativo originale ed innovativo che non ha uguali in Europa».
Secondo Federcasse, Iccrea e Cassa Centrale, un modello «che rafforza le finalità mutualistiche, mantiene i centri decisionali delle singole Bcc-CR nei rispettivi territori e quindi vicini al milione e 320 mila soci, e consente - grazie all'adesione ad una Capogruppo mediante un "contrato di coesione" che prevede un'autonomia correlata a criteri di meritevolezza ( risk based approach ) - di poter contare sulla forza di un efficiente sistema a rete in grado di rispondere alle sollecitazioni delle normative europee ed a regole di mercato sempre più selettive».
Eccezione, mondo a sé, rimarrà il sistema delle Casse Raiffeisen altoatesine. Un «via» che, secondo alcuni (tra questi l'economista Geremia Gios ) anche le Casse Rurali trentine avrebbero fatto meglio a seguire. Federcasse, Iccrea e Ccb spiegano che «il sistema della Casse Raiffeisen dell'Alto Adige potrà avere la possibilità di costruire, nel rispetto delle particolarità culturali e linguistiche radicate in quel territorio, un proprio gruppo provinciale che potrà fare sistema con il Bruppo Bancario Cooperativo mediante contratti di solidarietà e di servizio». Chiosa finale: «Alla luce anche di questa significativa convergenza realizzativa, il Credito cooperativo confida in un rapido provvedimento da parte del Governo in linea con quanto scritto nelle proposte di autoriforma». Per i «banchieri» cooperatori trentini (da Diego Schelfi , vicepresidente di Federcasse, al presidente di Cassa Centrale Giorgio Fracalossi ) la partita sarà ora quella di ottenere adeguato peso nel nuovo gruppo unico nazionale.