Trento, i metalmeccanici scendono in strada
In corso stamattina a Trento la manifestazione dei lavoratori metalmeccanici, nel quadro dello sciopero generale di 8 ore indetto da Fim, Fiom e Uilm e che si articola nelle giornate del 9, 10 e 15 giugno. La manifestazione con corteo ha preso il via a Trento sud, di fronte alla sede di Confindustria.
La mobilitazione operaia è a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto nazionale della categoria, con manifestazioni regionali in tutta Italia.
Un presidio si è svolto davanti alla sede di Confindustria in viale Degasperi. Alla manifestazione hanno partecipato i segretari provinciali delle tre sigle sindacali del Trentino e dell'Alto Adige, e Michele Zanocco della segreteria nazionale della Fim. Il tavolo sul rinnovo del contratto nazionale in Trentino riguarda circa 9.000 lavoratori. I sindacati ribadiscono l'obiettivo di "riaffermare un contratto nazionale che garantisca il potere d'acquisto del salario per tutti i metalmeccanici, che qualifichi le relazioni industriali, che estenda la contrattazione integrativa di 2/o livello, migliori l'organizzazione del lavoro e le condizioni di lavoro e introduca nuovi diritti di formazione, welfare, partecipazione e valorizzazione delle professionalità per tutti, tuteli tutte le forme di lavoro e l'occupazione, faccia ripartire gli investimenti e rilanci una vera politica industriale".
«Il 10 giugno - si legge in una nota - tocca a Trentino Alto Adige, con il segretario nazionale della Fim Cisl, Michele Zanocco, che concluderà assieme ai segretari provinciali di Trento e Bolzano la manifestazione.
A spingere i metalmeccanici ad una nuova protesta dopo lo sciopero di 4 ore del 20 aprile scorso, e dopo 6 anni rinnovi contrattuali senza scioperi e senza ritardi rispetto alle scadenze conrattuali, è nuovamente la rigidità di Federmeccanica, la cui ipotesi di rinnovo vorrebbe escludere dagli incrementi salariali e dalla salvaguardia del potere di acquisto il 95% degli oltre 1,6 milioni di dipendenti del più importante contratto nazionale del settore privato che oggi conta oltre 16.000 imprese e 200 grandi gruppi industriali.
Una proposta irricevibile con non porterebbe alcun miglioramento ne ai salari ne alla produttività del sistema industriale, rischiando al contrario di generare ulteriori effetti recessivi sull'economia del paese in una fase di delicata e ancora debole ripresa economica. Serve invece puntare su altre priorità a cominciare da formazione, partecipazione, welfare e da una vera valorizzazione della contrattazione di secondo livello, che sia integrativa e non sostitutiva, come da anni sostiene la Cisl».