Le Albere in profondo rosso: zero vendite nel 2017 Restano invenduti immobili per 211 milioni di euro
Incassi delle vendite: zero. L’anno scorso il fondo immobiliare Clesio , gestito da Castello sgr e proprietario del quartiere Le Albere, per la prima volta non ha venduto neanche un immobile. Non stupisce quindi che i conti tornino al profondo rosso. Il risultato d’esercizio 2017, reso noto nell’ultimo rapporto di Scenari Immobiliari, è negativo per 9,8 milioni di euro. Gli immobili di proprietà, esclusi quelli ceduti negli scorsi anni agli enti pubblici (Muse, Buc) e ai sottoscrittori del fondo, valgono 211 milioni. Il tasso di occupazione degli immobili è fermo al 29%, la redditività media da affitti è del 2,1%. D’altra parte gravano sul fondo debiti verso banche e soci per 163 milioni. In questo quadro, il valore del fondo è sceso a 44,3 milioni, poco più della metà degli 80 milioni iniziali.
Non è l’unica spina immobiliare dell’ Isa . L’Istituto Atesino di Sviluppo, che andrà in assemblea di bilancio giovedì prossimo 28 giugno, è il primo azionista di Castello sgr, con una quota salita, dopo l’uscita della Fondazione Caritro , al 46,22%. Gli altri soci sono Maire Investments al 32,88%, Itas Holding al 14,31%, Logafin al 3,63% e l’amministratore delegato della sgr Giampiero Schiavo al 2,95%. I problemi però non vengono da Castello in quanto tale.
In capo a Castello sgr ci sono 30 fondi immobiliari con un attivo totale pari a 2 miliardi 140 milioni. La società incassa le commissioni di gestione indipendentemente dall’andamento dei singoli fondi. Infatti nel 2017 (i dati principali del bilancio sono resi noti dalla stessa Isa) ottiene ricavi da commissioni per 12,4 milioni, in leggera crescita sull’anno precedente, un risultato della gestione operativa di 4,3 milioni e un utile netto di 2,9 milioni, analogo a quello 2016.
È vero che l’indebitamento netto cresce da 9,2 a 14,5 milioni. L’aumento però potrebbe essere legato ai programmi di espansione. «Castello si guarda intorno - ha dichiarato nei giorni scorsi l’Ad Schiavo a margine della convention Re Italy - Siamo focalizzati su crescita per linee interne, ma abbiamo anche una strategia di crescita esterna». Proprio in questi giorni è stato perfezionato il passaggio a Castello del fondo immobiliare Risparmio Uno Energia gestito finora da Pensplan Invest sgr ( l’Adige di venerdì).
I problemi vengono invece da alcuni dei fondi gestiti - molti altri vanno bene - e in primo luogo da Clesio. L’anno scorso alle Albere hanno incassato 1,1 milioni dai canoni di locazione contro 2,8 milioni di oneri di gestione e una svalutazione di 1,9 milioni degli immobili. Se si aggiungono gli oneri finanziari del debito e le altre spese, compresa la commissione di Castello, si arriva alla perdita di quasi 10 milioni, rispetto all’utile 2016 di 4,2 milioni. È dal 2013 che la gestione immobili di Clesio è negativa con l’eccezione, appunto, del 2016 grazie a vendite per oltre 52 milioni soprattutto a soci e sottoscrittori come Itas e Dolomiti Energia . Ora c’è l’ipotesi dell’arrivo dell’ex socio Cooperazione , ma il nuovo vertice di via Segantini si riserva di valutare tutte le opzioni.
Tra i fondi di Castello sgr, a sorpresa va giù anche Cosimo I , investito in tre resort di lusso fra Toscana e Sardegna. Nel 2017 il fondo registra una perdita di 13,7 milioni (-5,9 milioni nel 2016) e, soprattutto, per la prima volta va in rosso di 9,4 milioni la gestione degli immobili.
Problemi si registrano anche nel fondo Augusto , investito in immobili commerciali in varie regioni d’Italia e nel nuovo sviluppo turistico a Courmayeur. Dopo il calo del 12% del valore tra il 2012 e il 2016, l’anno scorso il fondo ha perso un altro 5% scendendo dagli iniziali 132 milioni a 110 milioni di valore netto. Nel fondo Augusto hanno investito, oltre a Isa che ha il 3,8%, la Cassa di Risparmio di Bolzano col 39,3% delle quote, Mittel (partecipata da Isa e Fondazione Caritro) con l’11,4%, la stessa Fondazione Caritro con il 7,6%, Seac (Unione Commercio) col 3,8%, Itas Mutua col 3%, Assicuratrice Val Piave (Itas) con lo 0,8% e, tra gli altri, perfino la Conferenza Episcopale Italiana col 7,6% delle quote.